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Luglio ’12

Abbiamo preferito far passare i giorni, attendere la fine delle ostilità dell’Europeo, aspettando con impazienza granite, ombrelloni e venditori di cocco. Naturalmente, il tutto condito da tette&culi sul bagnasciuga. In questa torbida estate italiana, chi ha vestito la maglia azzurra è passato da brocco a campione in poco più di novanta minuti, idolatrato per un gol dopo essere stato “condannato” per ciò che ad oggi sono ancora supposizioni. Fortunati Noi, che a giocatori ed allenatori non abbiamo dato mai troppo peso, Noi, che tifiamo i colori della maglia e non chi la indossa ad intervalli. E pensare, che c’è chi, ancora oggi, accoglie nelle proprie curve mercenari al soldo del Presidente di turno. Noi, invece, dopo esser cresciuti con il pallone a rombi bianco e nero, abbiamo avuto l’onore di poter veder “giocare” in campo gente come Lupu, Van’t Schip e Rui Aguas, ma erano altri tempi. Noi, che dei “campioni” non ce n’è mai fregato nulla, con gli occhi agli spalti più che in campo, pronti ad imitare CocaCola, il Pompa e Siberiano. Un loro gesto valeva mille realizzazioni, un loro urlo era sinfonia per le nostre orecchie. Bastava che prendessero il megafono tra le mani per smuovere una moltitudine di cuori pulsanti. Erano loro i nostri “campioni”, non chi indossava la nostra maglia. Loro, che hanno scritto pagine di storia senza usare la penna, ma che nessuna gomma potrà cancellare. Ma oggi, non è più così, con giovani leve “assuefatti” dalle “storie pompate” di Cass Pennant , che se fosse nato in Italia lo avremmo visto sicuramente in qualche reality. Giovani modaioli che di ultras hanno ben poco, infagottati nei loro guanti di pelle da abbinare al “giubbotto con la tramontana” che gli costerà 300 sterline e non gli darà mai quella puzza di chiuso di un bomber anni ’90. Contenti loro…

Guardano oltre la Manica come un bimbo guarda il padre, prendendo tutto quello che di inutile possa esserci, da chi, sugli spalti di uno stadio, non ha nulla da insegnarci. Il Movimento che c’è da noi, nelle categorie minori, loro se lo sognano. Dicono che vestendosi così, passano inosservati. Magari una volta, ora non più. Ma chi non passa di certo inosservato, è chi, come da copione, ricopre il ruolo di “prima donna”, in questo Mondo Ultras che guarda al business e che vende materiale a vecchi e bambini, in perfetto stile aziendale. C’è chi deve fare il contrario degli altri, perché deve essere diverso, deve rispettare il ruolo affidatogli qualche decennio fa; c’è chi prima scende in piazza e poi corre al botteghino con tanto di foto e nullaosta; c’è chi fin dal primo momento ha deciso di lottare ed andrà avanti anche la prossima stagione presenziando ovunque senza vedere l’ombra di un tornello. Ormai, sapete di quale categoria facciamo parte, inutile ripeterlo. Ma c’è anche chi, è costretto a continuare la battaglia senza una squadra da seguire, vedendo svanire anni di storia per gli strani giochi di potere di prestanomi e prestasoldi.

Ora, che un’altra stagione è ormai alle porte, gli odori delle amichevoli estive inizia a persuadere la nostra immaginazione, ricominciando a sognare, a sognare trasferte libere!

Giugno ’11

Non molto tempo fa, all’indomani di quel fatidico e gioioso 9 Maggio 2010, ci eravamo chiesti se questa Città, questa piazza e questi Ultras fossero davvero pronti al salto di categoria. Una nuova stagione, nuovi scenari, nuove avventure, nuove emozioni, almeno queste erano le aspettative della prima annata in Serie C del Fondi. Avevamo abbozzato qualche “sentenza”, cercando di presentare in anteprima lo scenario che i nostri occhi avrebbero visto di lì a poco, ed ora, a distanza di 12 mesi possiamo affermare senza temere controrepliche che siamo stati lungimiranti, riuscendo a “predire il futuro”.

Avevamo parlato di una Città fredda e lontana dai colori rossoblu, impegnata a seguire dalle poltrone di casa le squadre fatte di campioni, con gli occhi immobili sulle Pay-TV, pendendo dalle bocche dei falsi moralisti che si susseguono nelle trasmissioni calcistiche. Una Città distante, lontana parente di quella che fino a pochi decenni fa rappresentava “l’uomo in più” in un “Fabiani” pieno fin sopra i balconi delle case adiacenti, in quel “Fabiani” dove il Nostro Vittorio animava la Curva Sud. Di quell’ardore e di quell’amore per il Fondi, in Città è rimasto ben poco, quasi nulla a guardare le presenze di questa stagione. Una Città che ha abbandonato in fretta l’euforia della promozione per ritornare a seguire la Serie A e le sue falsità. Una Città che non ha esitato nell’etichettare ogni partita come “venduta” pur di non spendere i soldi per un biglietto, trovando anche quest’anno la scusa buona per non venire al “Purificato”.

Avevamo predetto un “Purificato” mai pieno e mai incisivo, mai vicino a questi colori, e non venite a dirci che la “colpa” è della mancanza di manifesti della partita, tutte le squadre di calcio del Mondo giocano ogni quindici giorni, se si vuole seguirla davvero basta fare due conti e rinunciare alla routine domenicale. Invece di spendere dieci euro in benzina sulla nuova fuoriserie costata “un botto” per circumnavigare la Piazza senza una meta precisa, basterebbe fermarsi e contemplare che la squadra della propria Città è in Serie C! Ma nemmeno nell’esordio casalingo con l’Avellino siamo riusciti a fare il “pienone”, eppure giocavamo contro i “Lupi”; eppure era l’esordio nel nuovo Purificato; eppure avete trovato altro da fare, forse è stato più emozionante per voi mangiare un gelato a Sperlonga! E non siate stupiti se poi vien fuori che la media spettatori del “Purificato” in questo primo anno di C si aggira sui 350 spettatori, in una classifica di girone che ci vede davanti a sole tre squadre: il Neapolis, il Catanzaro e la Vibonese. E se si pensa che i campani e i giallorossi hanno disputato tutte o quasi le gare casalinghe a “porte chiuse”, non sappiamo veramente come sia possibile che in Città c’è ancora chi racconta la “Barzelletta del Ripescaggio” e chi ancora crede alle favole.

Parlando degli Ultras in Città, avevamo rimandato ogni giudizio a queste righe, ricordando ai molti che solo con la realizzazione di un settore popolare si sarebbe potuto iniziare a parlare di “ultras” a Fondi. Dopo un’estenuante battaglia, è nata la Curva Antonio Iacuele, tanto voluta e tanto cercata e permetteteci, tanto meritata! Finalmente, a Fondi, c’è un settore popolare, un settore per gli Ultras, un settore che d’ora in poi fungerà da luogo di aggregazione in una Città che non offre nulla ai giovani. Ed ha dato i suoi frutti anche la prima battaglia della Curva Iacuele, quella contro la “maledetta tessera”, che ha visto il settore, in blocco, rinunciare ad abbonarsi e quindi a sottoscrivere la Tessera. Pur arrivando da una stagione esaltante, abbiamo deciso, al contrario di chi per una vittoria rinuncia alla propria libertà individuale ed al proprio essere ultras, di non tesserarci e di seguire ovunque da non tesserati, nei settori di casa senza paura. Pur essendo all’esordio in questa serie, al contrario di chi dichiara e banchetta con chi dice di combattere, abbiamo deciso di non metter su alcuna coreografia e di non esporre alcuno striscione in casa, scegliendo di NON DICHIARARE e di NON COLLABORARE. Ci siamo presentati ovunque, SENZA TESSERA, sempre i soliti, ma ovunque, senza quel timore dimostrato da chi invece ha i numeri dalla propria parte, dimostrando che proprio le piccole realtà hanno combattuto Maroni & C. senza scegliere di tesserarci perché “non si può stare senza seguire la propria squadra del cuore”. Già, chi ha scelto di tesserarsi ha detto proprio così, forse perché annebbiato dalle vittorie della propria squadra…ma qui, c’è gente che l’anno scorso a Castelsardo ha seguito la gara dall’anti Stadio, rinunciando ad entrare perché le FdO del posto pretendevano l’identificazione preventiva all’ingresso, dopo un estenuante viaggio in mare. Ah, dimenticavamo, eravamo primi e stavamo per vincere il campionato, ma NON CI SIAMO ARRESI!!!

Agosto ’10

…et voilà! Solo pochissime ore, di spasmodica attesa e curiosità, e conosceremo il destino del calcio fondano. Da quell’ormai lontanissimo 15 Agosto del 1922, primo vagito dell’Unione Sportiva Fondana, al 4 Agosto 2010, battesimo della Stagione con la diramazione dei Gironi della Seconda Divisione di Lega Pro. In 88 anni è questo il momento più importante, l’apice di una tradizione prestigiosa, la ciliegina su una torta preparata con tanto amore e passione. Per molti una giornata estiva come tante, da godersi in riva al mare o impegnati nelle ultime fatiche prima delle vacanze, per noi una tappa storica, la pagina più bella ed emozionante che andrà a riempire un libro colmo  di sensazioni indimenticabili.

Solo poche ore… ed il nome della nostra città finirà sull’Album “Panini”, solo poche ore ancora e tutta Italia inizierà a chiedersi chi diavolo sia Fondi, che colori sociali abbia, che squadra abbia allestito e che tifoseria la segua. Ed è proprio in questi attimi frenetici ed entusiasmanti che la nostra mente ha il dovere di non dimenticare chi si è e da dove si arriva. Parole che rubiamo a quello Stefano Liquidato che avrà l’onore di guidare i ragazzi in rossoblu in questa insperata quanto desiderata e fortemente voluta avventura in Serie C2. Ed è proprio da quest’Uomo che iniziamo, a ritroso, un viaggio doveroso, per rendere oggi il giusto tributo a chi ha dato tanto, tantissimo per il Fondi Calcio, il meritato ringraziamento a chi “ha vissuto per questi colori”, a chi ha sacrificato affetti e risparmi per tenere a galla questa Società.

Chi in campo ha onorato la casacca, chi in panchina ha fatto da padre, fratello maggiore ed allenatore, chi nel bene e nel male ha tenuto le redini e condotto con impegno e professionalità la squadra. Chi ha speso il proprio tempo per far quadrare i conti, chi ci ha messo la faccia ed il portafoglio, chi anche nei momenti di maggiore difficoltà e scoramento non ha mai gettato la spugna, chi non si è arreso di fronte ad annate nate male e finite peggio. Chi per anni ha accettato la sfida con la sfortuna, affrontando il peso di doversi confrontare con realtà blasonate e ben volute nelle dorate stanze di chi contava.  

A tutti questi Uomini oggi abbiamo il dovere di dedicare un applauso, un forte e fragoroso applauso. Se tra poco il nome della nostra squadra del cuore riempirà una delle caselle corrispondenti alle formazioni partecipanti alla quarta serie e categoria del calcio professionistico italiano lo dobbiamo anche e soprattutto a loro, sì, nessuno escluso. I “pionieri” degli anni ’20 e quelle amichevoli al “San Francesco”, che sarebbe poi stato intitolato ad Ottorino Fabiani, il boom del dopoguerra, l’approdo in promozione nel 1950, la SerieD nel ’60, la retrocessione nel ’67. Ancora stagioni delicate, tra alti e bassi in campi di Promozione, Prima Categoria e Seconda Categoria. E poi la “rinascita”, con la magica annata ’83-’84 ed il ritorno in Interregionale. Sette stagioni di grande calcio e poi, nel ’91, la retrocessione in Eccellenza e l’inizio di una nuova era. Due Campionati ed il crollo: altri sette anni di Promozione e due in Prima Categoria, poi inizierà la risalita. Il resto è storia dei nostri giorni, ma corre l’obbligo di rivolgere un pensiero ai tanti protagonisti di questi 88 anni, e non ce ne voglia qualcuno se ci sentiamo in dovere di fare dei nomi su tutti…

Alcuni di questi li abbiamo “vissuti”, altri ci sono stati raccontati dai nostri nonni e padri, altri ancora li abbiamo visti nelle foto di “Pane&Pallone” qualche Natale fa. Un minimo comune denominatore li rende indimenticabili… la maglia rossoblu. Mister Antonio Orticelli, Monsieur Pierpaolo Lauretti, Capitan Bruno Sepe, Capitan Parasmo e Capitan Monforte, Andrea Conte ed “il Cobra” Alessandro Parisella, Franco Raso e Giovanni Pannozzo, Di Nardo e Marchionne, Sergio Lippa e Benedetto Parisella, Mario Peppe ed Onorato Parisella, Gigino Vento, Gatta e Chinappi, Assogna e Solimeno, Mario Raso, Bartolomeo e Graziani, Panza, Piretti e Biasillo, Branchetti, Di Maio e Terella, Giovine e Di Trapano, Campobasso e Stravato, De Santis e Langiotti, “Caciar”, Di Biasio e Noccaro, Carfì, Gisfredo e Paolella, Di Mugno, Emiliano Donninelli e Fortunato, Serapiglia, Pasquali, Vuolo e Gianmaria. Fondani doc ma anche “forestieri” che una volta passati per questa città se ne sono innamorati. Alcuni esempi? Farinelli, Penna, Di Folca, De Filippis, Bradoh, Paolo Piergentili, Borghi, Di Prospero, i fratelli Pagliaro, Varroni, Rizzi, Pagliuca, Balducci, Tarantino, Germano, Mollo. Delle ultime annate ma anche del passato. Perchè crediamo che ogni fondano che sia amante del calcio avrà sentito nominare almeno una volta il grandissimo Ferdinando Miniussi, Alaimo, Mazzaccone, Bergamini, Del Sette, Bonelli, Grazioso e Mastronicola. Non solo giocatori però, anche Dirigenti ed Allenatori. Il Prof. Placitelli, Gigetto Parisella, Lidano Serapiglia, Di Sauro, Fadigati e Cherri, i Marcucci e gli Orticelli, i Siano, Ciarlone, Proietti, Alberto Parisella ed Enzo Vocella. Ed i tifosi, i primi che circondavano il terreno di gioco del “San Francesco” e quelli che negli anni hanno riempito il “Purificato”. Ed i nostri… Vittorio Iacovoni, Antonio Iacuele, Antonio Mangiocca che anche da lassù siamo convinti continuano a seguire il loro Fondi. Ed ora i gladiatori che solo qualche mese fa ci hanno fatto vivere l’emozione più incredibile ed inaspettata. Ed è per loro il “Grazie” più forte, soprattutto per quelli che non avranno la possibilità di vestire la maglia rossoblu anche in questa Stagione. Ciro Celli, Angelo Belviso, Gaetano Fiore, Domenico Iovinella, Luca Pannozzo, Gaetano Iossa, Vitale Esposito, Lucio Vicedomini, Fabio Festa, Salvatore Violante, Raffaele Ambruoso, Javier Formidabile, Giovanni Tufano, Piotr Branicki, Marco Di Maio, Angelo Balzano. A questi Uomini, prima ancora che ottimi calciatori e professionisti, al loro “Sindaco” e condottiero, ed ai loro ex compagni di squadra che continueranno a farci sognare anche in Seconda Divisione, questa città ed i suoi ultras saranno sempre grati.

Maggio ’10

Sottotitoli maggio’10

Fondi in C2, una Città, una popolazione, una tifoseria che approdano per la prima volta in 88 anni di storia in quella che i vecchi chiamavano terza serie, che i meno giovani aman chiamare Serie C e che Noi ci ostiniamo a chiamare ancora così. Una Città che non ha certo dimostrato di meritare questo traguardo, preferendo spesso il calcio dei quartieri alti ad una gara al “Purificato”. Una Città che difficilmente si innamora di uno sport e magari lo fa solamente a cose fatte, quando c’è da festeggiare, allora sì, ci si ricorda che il rosso ed il blu vanno sventolati, ma il tutto dura poco più di un giorno, per poi riporre quei colori nel cassetto, per far posto al bianconero, al nerazzurro, al rossonero, al giallorosso e al biancazzurro. Cercare giustificazioni non ci sembra il caso, soprattutto se bisogna cercare di comprendere chi su 365 giorni non riesce a trovare il tempo per affacciarsi sulle tribune del “Purificato”.

Una Città poco incline a seguire le sorti di una squadra che difende i suoi colori, fredda come quei paesotti del Nord tutti incentrati sul lavoro e che meglio vengono riassunti nel termine “provinciali”. Già, inutile negarlo, siamo dei provincialotti. Teste basse, portafogli pieni e chissenefrega di tutto il resto, tanto ci sarà sicuramente qualche sfigato a badare al resto. Già, troppo facile fregarsene, troppo banale ragionare così. E così sarà anche la prossima stagione, con media spettatori imbarazzante, pronta ad oscillare solo se i risultati saranno incoraggianti e si respirerà profumo di vittoria, altrimenti, i soliti noti, sempre e comunque, ovunque al seguito di questi colori. Una popolazione che sfiora i 40mila abitanti, situata in una delle zone d’Italia più belle e floride, dove l’attaccamento alla propria Città viene fuori solo se qualcuno osa toccare i propri interessi e possedimenti. Una popolazione avara e schiava del dio denaro, che investe solo dove vede un ritorno e scommette solo dove vede una vittoria assicurata. Avarizia che si evince dai paganti di ogni Domenica, con quella mandria di “portoghesi” che aspetta poi l’inizio del Secondo Tempo pur di non sborsare nemmeno un Euro. Figuratevi se li vedremo mai in trasferta! Basti pensare che il pubblico fondano che segue in trasferta è composto quasi esclusivamente da ultras, ai quali si aggiungono di volta in volta poche decine di sostenitori che compaiono solo nelle trasferte agevoli, spesso nemmeno in queste. Gli unici a seguire, aldilà del risultato e delle distanze, come sempre, Noi Ultras, forse gli unici a meritare davvero tale risultato. Lo so, starete arricciando le sopracciglia e storcendo il muso, pensando che forse gli ultras fondani non sono da C.

Ce lo siamo chiesti anche Noi, in questi giorni trascorsi dopo la fine del Campionato, in una sorta di autovalutazione che, oggi crediamo, ogni tifoseria organizzata, ogni gruppo, fa della stagione appena terminata e in prospettiva futura, della stagione che verrà. Consapevoli del fatto che ogni piazza va di pari passo rispetto alle fortune e sfortune della squadra della Città, e che ogni tifoseria ha così l’onore di calpestare settori ospiti illustri solo perché la squadra che segue glielo permette e non perché il vero valore di una tifoseria possa essere realmente valutato e premiato. Inutile quindi chiedersi perché grandi piazze siano relegate nei bassifondi ed invece delle cittadine senza seguito occupino posizioni ben più prestigiose. Piacerebbe anche a Noi veder chi merita nelle categorie che più competono al reale valore della tifoseria, ma nel calcio, purtroppo, non vince chi ha il pubblico più caloroso… anzi. Osservando attentamente l’attuale stato di molte curve italiane delle prime quattro serie, molte sono le piazze che vivono di ricordi, che vanno a rispolverare gli anni d’oro e che si trincerano dietro scuse banali per dare una spiegazione al loro attuale valore. Lungi da Noi fare classifiche, a quello ci pensa Supertifo (o almeno la vecchia gestione), Noi non giudichiamo gli altri, ma Noi stessi. Ma per poter fare ciò, dobbiamo pur sempre confrontarci con gli altri, senza mai cadere nell’errore di paragonarci ad altre tifoserie (guai), soprattutto perché dal basso della nostra giovane esperienza, non possiamo confrontarci con piazze che hanno fatto la storia del tifo in Italia. Rimane comunque la consapevolezza di una bella stagione, esaltante, di trasferte fuori regione e vi assicuriamo, che andare in dieci in Sardegna per sei volte non è da tutti, soprattutto in queste categorie e con questi prezzi.

Ci siamo chiesti se gli Ultras fondani siano pronti o meno ad un’avventura del genere, ce lo siamo chiesti e siamo giunti ad una conclusione: “Da sette anni abbiamo riportato la parola ultras nella nostra Città, tra mille difficoltà, ma siamo andati avanti per la nostra strada, presenziando ovunque, colmando le distanze e sobbarcandoci gli innumerevoli problemi di una piccola realtà. Solo chi si conta sulle dita di una mano sa realmente di cosa parliamo. Siamo convinti che solo dopo la realizzazione di un nostro settore, di una curva, potremo parlare di Ultras nella nostra meravigliosa Città, e solo dopo aver concluso degnamente la nostra prossima stagione sugli spalti, potremo parlare e giudicare gli Ultras fondani!”.

Luglio ’07

Sottotitoli luglio’07

…prendiamo spunto, stavolta, da una t-shirt che sta spopolando negli ambienti ultras di tutta Italia per firmare il Sottotitolo del mese di Luglio. Caldissimo come non mai, accompagnato da un tasso d’umidità spaventoso che mette a dura prova la ragione. Se a tutto ciò aggiungete una cena tra amici a base di vino rosso e carne alla brace in un ristorantino a 600 metri sul livello del mare oppure una zuppa di pesce bagnata da un bianco d’annata sulle rive del Tirreno allora la malinconia per il primo mese senza pallone passa via in un istante. Restano, invece, le riflessioni su una stagione, "agonistica" se così la vogliamo ribattezzare, che lascerà tracce importanti nella storia del calcio italiano ed internazionale. Andare per ordine dopo un “antipasto della casa” ed una valanga di “gnocchetti con funghi porcini e vongole”, e soprattutto tante di quelle brocche svuotate come ingordi, resta assai difficile. Per una volta allora, almeno nel mese del relax, in attesa di entrare in azione… tra arrivi di facce nuove e presentazione ufficiale, raduno e poi ritiro, amichevoli ed esordio ufficiale, permetteteci un’eccezione confusionaria. Nella forma, ma non nei contenuti, come sempre significativi. Tanto per salutare l’Anno Accademico 2007.2008 ed avvicinarci a piccolissimi passi alla stagione che verrà, nel segno di ciò che è stato e ciò che sarà, con l’attenzione e la serietà di un esperto commercialista ma la spontaneità di uno che non vuole arrendersi e se ne frega letteralmente se “dirlo può essere pericoloso”. Anzi…

Partiamo dalla fine, procediamo a ritroso. Lo scorso 4 Luglio, ad Acquisgrana, in Germania, si è tenuta (o meglio, doveva tenersi…) la partita più corretta d’Europa, sotto lo slogan “Lo sport al posto della violenza”. Beffa del destino tutto è finito a calci e pugni, quasi si trattasse di una barzelletta. Eppure il messaggio era di quelli forti e di grande attualità, i presupposti per novanta minuti di sano buonismo non mancavano. Peccato però che non mancasse nemmeno l’eroe della giornata, vero “the man of the match”, un giovane 24enne che ad un certo punto non è riuscito a trattenere la sua voglia di sportività ed ha urlato a squarciagola un invito: “Giocate in maniera corretta!”. Esplicito, se vogliamo anche un tantino delicato, che ha assunto le sembianze di una provocazione per alcuni giocatori. Uno di questi, in particolare, ha reagito prontamente andando a cercare sugli spalti “il ribelle”, spalleggiato in seguito da altri quattro atleti. Il risultato? Mega rissa, prima verbale, poi fisica, e lo spettatore pacifico riempito di botte sotto gli occhi di una platea incredula ed impaurita. Non meravigliatevi però… eccovi un’altra notizia sconcertante. Rio de Janeiro è famosa nel mondo non solo per il Carnevale più pazzo e colorato, non solo per le curve mozzafiato delle sue dolci figliole ma anche e soprattutto per il monumentale “Maracanà”. Ebbene, non ci crederete ma il tempio del calcio verrà presto ceduto dallo stato brasiliano ad alcuni soggetti privati per sopperire in parte ai pesantissimi debiti accumulati, come ha comunicato l’Assessore al Turismo di Rio, tale Eduardo Paes. Brasile-Ecuador sarà l’ultima partita prima dell’asta pubblica prevista per il prossimo 17 Ottobre. Lo stadio che ha ospitato grandi campioni nonché il mitico Lino Banfi nei panni del grande Oronzo mister della Longobarda potrebbe diventare ora esempio mondiale di modernizzazione strutturale se andranno in porto i progetti di alcuni imprenditori che hanno in mente di costituire un complesso di concessioni con diverse imprese. A "qualcuno" sembra addirittura piacere, a noi sinceramente fa rabbrividire. Ma anche in questo caso… niente di cui meravigliarsi!

Euro 2012 ha preso una direzione opposta a quella che mezza Italia si augurava. La Polonia, l’Ucraina e soprattutto le loro aitanti donzelle hanno avuto la meglio. Ha vinto l’altra metà, quella degli ultras, quella dei tifosi stanchi delle facce di gomma al potere, dei soliti cognomi che aspettavano a bocca aperta milioni di milioni per rifocillarsi. Mai sazi, mai trasparenti… ed allora ben venga la scelta della lobby Platini (una volta tanto elogiamolo!). Pazienza per le lacrime di quel bel donnino della Melandri: avrà occasione di rifarsi presto, magari in una delle sue notti insonni in Sardegna col sempreverde Briatore. Chi non avrà la possibilità di reagire con un sorriso è la vedova dell’Ispettore Raciti che aspetta ancora verità e giustizia. E, siccome dinamica fa rima con matematica, tutto sembra deporre a favore del silenzio, intanto un ragazzino ha perso la libertà, la stampa ha costruito migliaia di mostri, il Catania ha rischiato la retrocessione per via di un vero e proprio boicottaggio sportivo e mediatico, decine di ultras non potranno mettere piede in uno stadio per due-tre anni. E quel discovery tanto schietto, quell’autopsia inequivocabile, quelle smentite al vetriolo non fanno che alimentare la nostra tesi. Ehi, mi raccomando… non meravigliatevi! Fermi! Un po’ di stupore ve lo concediamo adesso, ricordandovi le diffide intimante a quegli otto calciatori dell’Eccellenza Campana che durante Solofra-Serino decisero di darsele di santa ragione. Sappiate però che si è trattato del primo clamoroso provvedimento in campo dilettantistico e la vicenda ha contribuito a creare un precedente importante. Se agli ultras hanno poi negato la possibilità di esporre striscioni sarà scattato il divieto di indossare t-shirt e sponsors per chi scende in campo, no? Sì, come no… avoj!

E la scazzottata europea di Valencia-Inter… ve la ricordate? E la farsa della molotov a Castellamare prima di JuveStabia-Avellino? Caz.. che schifo… le penalizzazioni e gli sconti, le coppe vinte quando non si poteva nemmeno disputarle, gli omini blu corrotti, i magistrati prevenuti, i questori assaliti da manie di protagonismo, quei ricorsi che non portano risultati, firme, firme ed ancora firme. Che schifo… Gianluca da quel Sabato pomeriggio di Pescara che aspetta ancora giustizia, Julien che dovrà seguire il suo PSG da lassù, Federico che ha perso la vita per mano di quattro angeli dello Stato, Paolo che ha rischiato grosso. Che schifo… Amauri che "non doveva indossare quella maglietta”, gli Irriducibili anti-Lotito che "devono marcire in galera”, Moggi, Carraro, Matarrese, Pisanu, Amato, DeGennaro, Manganelli… ohi mamm. Decine di gruppi hanno sospeso la loro attività, altri hanno scelto di sciogliersi definitivamente, le merde che rovinano il gioco più bello del mondo non perdono un colpo e la frangia degli ultras del cielo cresce sempre di più. Ingiustizie all’ordine del giorno, fratelli di curva che ci lasciano per sempre, abusi, forzature giudiziarie, politica ovunque. Non l’hanno capito ancora, ricordiamoglielo noi anche d’estate. “Il calcio, senza ultras, è niente!”. Fottetevi!

Giugno ’07

Sottotitoli giugno’07

In archivio un’altra stagione, altri dieci lunghi mesi di pallone, calci e polemiche che, mai come stavolta, trascrivono negli almanacchi decine e decine di pagine di repressione, abusi e statistiche che parlano da sole. Una marea gli ultras raggiunti da Daspo, migliaia i denunciati, centinaia quelli sotto-processo per reati che fanno davvero ridere. Tanti i casi esemplari che bocciano senza "diritto di replica" i provvedimenti legislativi varati nel corso degli ultimi anni, tanti gli episodi che rasentano il ridicolo seppure legati a vere e proprie ingiustizie perpetrate sempre dalla stessa parte nei confronti della solita altra parte. Quasi una tortura di origini medievali praticamente. Ciliegina sulla torta le pesanti diffide inoltrate a chi ha voluto prendere in giro le chicche del dopo-Raciti fregandosene dell’infinita burocrazia per far entrare sugli spalti un solo striscione ed ha sbeffeggiato il Governo del Calcio e quello della cosidetta Sicurezza&Giustizia mostrando la propria t-shirt insieme ai suoi fratelli di curva per costruire simpaticamente lo slogan dell’ennesima domenica anti-repressione. Dimostrazione evidente di quanto sarà difficile, e meno male diciamo noi, portare in Italia il decantato modello inglese: sì, quello delle tribune in stile TeatroParioli, dei biglietti a prezzi esorbitanti, degli scontri ancora più violenti ma a duecento metri dallo stadio e per questo considerati “non pericolosi per l’ordine pubblico ed il regolare svolgimento degli incontri”. Il calcio inglese, quello che Monsieur Cantona rifilò ad un tifoso della squadra avversaria colpevole di averlo apostrofato in maniera offensiva, il calcio inglese che affascina “perché lì cantano tutti”, poi ci fate caso e vi rendete conto che piste d’atletica non se ne vedono, provate ad immaginare l’Olimpico ed il SanPaolo senza quella striscia rossa e solo allora capite che sarebbe davvero impossibile andare a vincere a Roma o a Napoli.

…finisce l’agonismo sul terreno di gioco, continua imperterrito il match fuori. Aule di Tribunale piene anche per i mesi estivi, ma sul banco degli imputati non un pedofilo, un ladro, un omicida o un branco di usurai. Sulle prime pagine dei giornali e sotto la luce dei riflettori sempre la solita “categoria”, ma scioperi generali o mobilitazioni in questo caso lasciano il tempo che trovano. Non siamo agricoltori, non siamo allevatori, non c’è la Coldiretti dalla nostra parte. Forse qualche sigla politica la trovi pure al fianco degli ultras, ma riecco la differenza di sorta che favorisce la ghettizzazione: nelle curve italiane entra a tratti la partitocrazia, e lo fa solitamente nei grandi centri. In qualsiasi caso la spaccatura diviene ancora più accentuata dalle realtà, invece, dichiaratamente apolitiche, fermo restando che nella stragrande maggioranza si assiste ad una suddivisione paritaria dei “territori” tra estrema destra ed estrema sinistra. La presenza di nuclei livornesi, ternani e riminesi nella marcia capitolina no-global dei giorni scorsi dimostra la coscienza del mondo ultras sui grandi temi ed allo stesso tempo ne testimonia l’isolamento mediatico e dell’opinione pubblica. Eppure, tanto per seguire l’esempio citato, a non vedere di buon occhio la globalizzazione sono anche e soprattutto le fazioni vicine alla destra che però hanno perso “la piazza” a favore della sponda opposta. La politica però, intesa come forma di aggregazione, attecchisce e non poco, e di questo non andrebbe creato un caso, perché comunque porta ulteriore compattezza, dove trova terreno fertile. Certo, ad onor del vero non si può sorvolare, infine, sulla lievitazione delle rivalità per motivi extra-calcistici e sempre più spesso legati a ragioni ideologiche contrarie.

Passiamo da un argomento all’altro ed eccovi uno scoop. Casualità ha voluto che il barbiere ospitasse (non saprei spiegarmene il motivo) una copia del prestigioso “NoiPolizia”, bimestrale di informazione accompagnato dallo slogan “Professionalità, Giustizia e Sicurezza”. La firma dell’Editoriale è affidata al Cav. Carmine Abagnale in qualità di illustre Presidente dell’Associazione Nazionale Poliziotti: volete sapere cosa scrive all’indomani della morte di Filippo Raciti? Vi riporto fedelmente il testo di pagina 1… “Cento delinquenti e mille imbecilli. Dovevo scrivere di Raciti e quei tanti colleghi che nei Reparti Mobili disseminati sul territorio nazionale affrontano ogni sabato e domenica una folla di scalmanati il cui pensiero dominante è quello di far male alla Polizia. Questa era l’intenzione che è, però, venuta a cadere dopo ciò che è accaduto ieri allo Stadio Olimpico di Roma quando cento delinquenti e mille imbecilli mettendosi a fischiare durante il minuto di silenzio hanno ucciso per la seconda volta il collega Raciti. Molti commentatori hanno detto: sono pochi, il resto dello stadio, con i suoi applausi, ha coperto la vergogna di pochi. Non è vero, non sono pochi, sono tanti e sono sparpagliati in tutte le squadre ed in tutte le città. Sono organizzati, sono funzionali ad una turbativa dell’ordine e della sicurezza pubblica che sembra abbia radici e ragioni ben più lontane da quelle del tifo violento. Risulta riduttivo pensare che costoro bramino che di loro si parli alle televisioni e nei quotidiani. Costoro mirano ben più in alto, perseguono un disegno eversivo finalizzato a destabilizzare due istituzioni dotate di poteri di supremazia come lo sono la Polizia di Stato e l’Arma dei Carabinieri”.

Ed ancora… “Questi delinquenti mirano al cuore dello Stato, colpendo per creare momenti di insicurezza e tensione sociale e, non a caso, fanno riferimento spesso a formazioni extraparlamentari di estrema destra ed estrema sinistra. Questi delinquenti sono destinati a proliferare nel giro di pochi anni grazie anche ad un ottimo terreno di cultura che ieri si è reso visibile all’Olimpico per bocca di mille imbecilli che non sono riusciti ad insultare la Polizia ma che hanno fischiato lo Stato. Sopra a questi imbecilli, molto più in alto, si staglia la grandissima dignità della Signora Raciti”. Credo che il Signor Abagnale meriti una risposta, per questo invito tutti i lettori di questo articolo a prendere in seria considerazione l’eventualità di inviare una mail al suo indirizzo di posta elettronica [email protected]. Avanti! L’appuntamento mensile di Sottotitoli termina così, prendendo a regime il nuovo affondo “E…state sicuri che ci saremo”. A chi, come il Cavalier Abagnale, nel corso degli ultimi mesi ha sputato fango sul nostro mondo chiedo cortesemente di scusarsi con tutti gli ultras italiani ora che iniziano a venire fuori spiragli di "verità vera" che scomoderanno qualche poltrona eccellente. “Il vero disegno, mi consenta, ha ben altri autori e ben altri obiettivi da sterminare. La sua ricetta, che mira allo scioglimento dei gruppi organizzati, come dichiara sulle pagine di Affari, troverà da parte mia e dei miei fratelli sparsi in ogni angolo dell’Italia la massima opposizione. Buon lavoro, Cavaliere”.  Saluti e baci, gente!

Maggio ’07

Sottotitoli maggio’07


Da oltre duecento giorni sono lontani da casa, ma non hanno scelto di andare in trasferta. Da oltre duecento giorni hanno dovuto salutare mogli e figli, amici e parenti, ma non sono in vacanza. Sono costretti a passare le loro giornate chiusi in una stanza, perché in Italia questa si fa chiamare “custodia cautelare”, eppure i rischi di una possibile fuga all’estero per l’inizio di una più o meno lunga latitanza sembravano, e sembrano, non sussistere assolutamente. Hanno la faccia pulita, ma qui non sindacheremo certo le loro scelte o le accuse rivolte loro dalla magistratura capitolina, qui analizzeremo solo un aspetto di questa strana vicenda: Lotito, Chinaglia e gli Irriducibili. Lungi dal voler prendere posizioni l’appello è più che altro di carattere umanitario, ed esprimere massima solidarietà ai ragazzi della Nord di Roma sotto assedio è il minimo che si possa fare. Oggi che un marocchino viene scarcerato anche se reo di aver investito una giovane ragazza riminese di appena diciassette anni, uccidendola sul colpo, al volante della sua fuoriserie, in stato d’ebbrezza: per lui diciassette mesi, con la condizionale, libertà. Oggi che per l’ennesima volta si è svolta nella capitale una manifestazione allo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’arresto dei tifosi biancocelesti, da sei mesi in attesa di giudizio. Una “Partita per la Libertà” che ha visto scendere in campo ex calciatori, sostenitori, volti noti dello sport romano, una bella e lodevole iniziativa organizzata dal Comitato “Giustizia e Libertà” in collaborazione con l’Associazione “Nati per lottare – Onlus”.

Da più parti sono arrivati in questi mesi giustificazioni o tentativi di ennesima criminalizzazione del pianeta. Alcuni hanno preso le distanze dalle decisioni degli Irriducibili, altri le hanno addirittura condannate. Il minimo comune denominatore resta però questo: la condivisione generale della gravità della disparità di trattamento con cui la Giustizia Italiana sta gestendo la situazione, sovrapponendo spesso e volentieri le responsabilità e continuando a depenalizzare reati di primo ordine a discapito di quella che è una chiara "operazione" mirata alla distruzione del fenomeno ultras. Essere colpevoli, imputati, indagati, segnalati, sospettati o semplicemente osservati speciali per la propria passione ed i propri colori equivale ad aver abusato di una creatura di quattro anni nell’ambiente sano ed “educativo” di un asilo nido. Strano poi che il candido Ministro Mastella, dall’alto del suo incarico di Governo, si permetta di chiedere all’opinione pubblica di valutare bene i fatti prima di costruire “mostri”. Ancor più strano, come suggerisce una battuta ironica, il fatto che non siano in cantiere leggi speciali record e provvedimenti restrittivi della libertà personale per tutti i professori, le maestrine ed i collaboratori scolastici della penisola italiana. Decisamente ridicolo, invece, che il Presidente della Repubblica saluti con entusiasmo ed approvazione la scelta del Governo di cucinare la massiccia e golosa torta dell’indulto, permettendo così a veri e propri criminali di poter tornare liberi. Liberi di delinquere, liberi così di uccidere e violentare, liberi di rapire e rapinare. Di casi esemplari ce ne sono a bizzeffe…

E sì, essere diffidati, come dice qualcuno, ci sta, va preventivato, fa parte del gioco. Quello che fa rabbia è il carattere del provvedimento: amministrativo, e per questo, nella realtà dei fatti, non annullabile, non riducibile, non condonabile. Avete capito bene, non fatevi illusioni! Una multa è diversa, puoi ricorrere, puoi sperare che venga cancellata, puoi non pagarla, la diffida no. La diffida te la tieni, perché memorie, Gip, avvocati e Cassazione, ricorso contro l’obbligo di firma ed eventuali testimonianze fornite a tuo favore lasciano il tempo che trovano. Per lo Stato sei già etichettato, sei il male assoluto, sei da estirpare, la pulizia non sarà etnica ma altrettanto distruttiva. Può capitare ogni domenica, anche solamente se attacchi lo striscione alla rete e per farlo ti arrampichi su di essa. Può capitare anche se hai la sfortuna di essere antipatico al Commissario ed a lui va di farti passare i guai: basterà scrivere al Questore, nell’arco di due ore, senza raccogliere conferme in giro o appurarsi che si tratti di eventi realmente accaduti emanerà il Daspo. E per te “Addio” ad uno, due, tre anni di calcio. Non ci stai, ti ribelli, spendi un patrimonio per vincere questa tua battaglia di Libertà ma tutto sarà inutile: hanno sempre ragione loro, cazzo! Sì, loro, nonostante su quelle teste ricadano responsabilità per episodi gravissimi in un passato più o meno recente, in ogni angolo d’Italia, ed un presente colorato dalle performances dello Stadio Olimpico durante Roma-Manchester. Il Prefetto, omertoso ed ipocrita, troverà giustificazioni e tirerà fuori versioni fantasmagoriche, le tv faranno poi il resto, i giornali altrettanto. Ed il tuo nome, per intero, finirà in prima pagina, precedendo titoli minuscoli che parlano di accoltellamenti, stupri, traffico di armi. C’est la vie, en Italie… per dirla alla Platini.

Ad alcuni Irriducibili è andata peggio, i reati loro contestati sono ancor più pesanti. Reati che vanno dall’associazione per delinquere, alla diffamazione attraverso un programma radiofonico, alla violenza privata nei confronti di due giornalisti. Accusati inoltre di tentata estorsione e minaccia nei confronti del presidente Lotito: ecco perché lo scorso 27 di Febbraio la Seconda sezione penale della Cassazione ha deciso che devono rimanere in carcere. La Suprema Corte sottolinea che "l’ordinanza oggetto di censura ha delineato in maniera precisa i fatti e ne ha fissato un profilo di rilevanti gravità con motivazioni giuridicamente coerenti". Va ricordato che all’inizio sono state nove le ordinanze di custodia cautelare nell’ambito della mega inchiesta della Procura della Repubblica di Roma sulla scalata alla Società Sportiva Lazio, e colpito dal provvedimento è stato anche l’ex bandiera del club, quel Giorgio Chinaglia. In attesa di essere giudicati, senza quindi essere nemmeno stati rinviati a giudizio, da oltre duecento giorni sono prigionieri. Purtroppo non più “Prigionieri di una fede”, come in una notevole coreografia della Nord, bensì della propria nazione, della Giustizia di un’Italia che non ne vuole proprio sapere di recuperare dignità e credibilità, una Patria in rovina che continua a difendere gli indifendibili ed a punire chi è solo colpevole di amore, amore immenso.

Aprile ’07

Sottotitoli aprile’07

Lo abbiamo scritto nella nostra fanzine in occasione della sua quindicesima pubblicazione stagionale ed oggi torniamo a dirlo, nella rubrica dei “Sottotitoli” che accompagnano il blog per tutto un mese prima di lasciare spazio a nuovi affondi, schietti e spontanei come al solito. Non ci sentiamo più liberi cittadini, non possiamo nascondercelo. Conosciamo tutti la cronaca dei nostri due ultimi mesi di vita e quindi ogni commento rischierebbe di divenire superfluo: limitiamoci allora a prenderne atto, allo scopo sì di stimolare gli attributi di chi sta perdendo le forze per affrontare il cammino e le riflessioni di chi come noi porta avanti quotidianamente la bandiera del mondo ultras. A volte corrono in soccorso della delusione le belle e lunghe serate in compagnia dei fratelli di curva più cari, altre volte ci si rifugia in un buon libro o in un “personal drink” per combattere la rabbia e quella voglia di spaccare tutto. Sì, il momento che stiamo vivendo non è dei migliori, forse il più difficile da quattro anni a questa parte, eppure si avverte in ognuno di noi la voglia di resistere, reagire sempre, continuare a vivere questa nostra passione. Viverla appunto, con tanto di sofferenze e sfiducia, “facili entusiasmi” ma non “ideologie alla moda”, amore e dedizione, al di là dei risultati-no che arrivano dal campo. Questo semplicemente perché abbiamo un compito da portare a termine: non una prescrizione medica bensì il raggiungimento di un obiettivo, la persecuzione di un ideale, la difesa di quel valore. “Parole troppo grandi per chi non le ha nel cuore” direbbe il nostro fratello brixiano parafrasando una canzone a lui tanto cara, per far sì che venga fuori dalle difficoltà un movimento ancora più compatto, cementificatosi nel momento del bisogno, chiusosi a riccio per evitare sterili polemiche, concentrato per ripartire concreto e fomentante. E così sarà, perché è nello sguardo della nostra gente che si rispecchia la grinta, è nella voce del nostro fratello che si annida l’ardore. E questo garantisce… anche i più scettici: gli Old Fans ci sono! E ci saranno!

La repressione intanto continua a segnare il passo, colpisce ovunque, ed alimenta quel nuovo reato: l’induzione a delinquere. Bene hanno fatto in tempi non sospetti i ragazzi di Acireale di P&M a lanciare il loro grido d’allarme, senza tralasciare gli aspetti politico – affaristici del caso. “La storia degli ultimi quarant’anni ha generato, quello che, a ragione, viene definito come il più grande fenomeno di aggregazione giovanile mai esistito: gli ultras. Sociologi, scrittori e giornalisti hanno sezionato la cultura ultras a modo loro giudicandone le contraddizioni attraverso lo studio delle sue sfaccettature: i riti, la passione, la violenza e la filantropia. Società sportive, media, politici e multinazionali ne hanno sfruttato la forza dei numeri per i loro profitti. Nonostante l’interesse suscitato nell’ambiente circostante, il pensiero ultras però non si è mai sviluppato perché ghettizzato nella realtà degli stadi. Ghettizzare il movimento ultras è stato molto facile. Innanzitutto facendo lievitare la rivalità tra le fazioni, in secondo luogo creando ad arte lo stereotipo di ultras sinonimo di gruppo di deficienti che si esalta per undici uomini in mutande, dietro ad un pallone. Infine, a difesa dello status quo, la repressione giuridico – poliziesca ha funzionato a meraviglia… nessuno però ha mai pensato di fare qualcosa con gli ultras, per gli ultras, ed attraverso gli ultras per il resto della società. Gli ultras in Italia vengono considerati unicamente come un problema di ordine pubblico”. Primo grave errore che però mai nessuno ha riconosciuto, deresponsabilizzandosi e scaricando colpe al vicino di banco in Parlamento o nei corridoi dei Palazzi di Giustizia.

 

“Il problema della violenza è stato affrontato, nel corso degli anni, con misure di carattere repressivo e con la ripetuta adozione di leggi speciali che non hanno mai ottenuto risultati di rilievo. Invece di provvedimenti sempre più drastici, sarebbe forse il caso di mutare approccio, cominciando a considerare il tifo organizzato come un vero fenomeno sociale, di particolare rilevanza, complesso e mutevole, e non solo come una fonte di violenza e delinquenza. Quasi a nulla purtroppo sono valse tutte le manifestazioni che domenicalmente, o meglio giornalmente, visto che le partite si giocano ormai in ogni giorno della settimana, le curve d’Italia hanno messo in atto con l’unica arma concessa (fino ad un certo punto), gli striscioni ed i cori! Quasi a nulla sono valse poi le manifestazioni in strada che avevano chiesto un tavolo di discussione, considerazione, ma il tutto si è fermato ad un incontro con Carraro per la questione caro-biglietti e calcio moderno, ma per il problema repressione siamo ancora lontani dal discutere in modo costruttivo, qualche politico ha preso a cuore la causa degli ultras, come l’On. dei "Verdi" Cento, indipendentemente dal partito di appartenenza, ma il suo appunto in Parlamento non ha portato a niente di concreto, Pisanu ed il suo successore irremovibili su assurde decisioni, che fino ad ora hanno portato solo all’esasperazione degli animi, alla cruenta guerra tra ultras e FdO, ad un sensibile calo di spettatori negli stadi”. Come era logico prevedere…

“Il tifoso si sente offeso da leggi che impongono di andare allo stadio schedati come maiali! Si sente preso in giro quando si chiede (dovrebbe essere così di regola) di apporre un identificativo anche agli agenti, come è nel resto d’Europa, perché picchiano anche quelli con il manganello, a volte infieriscono su gente a terra, caricano su folle di centinaia e centinaia di persone in settori ospiti che sono delle gabbie o peggio dei recinti, dove c’è anche la mamma ed il bambino, o l’anziano, e non stiamo fantasticando… sono fatti accaduti e perfino documentati! Non si può nascondere tutto. Ci si sente presi in giro dallo Stato, da chi ci dovrebbe tutelare, quando si viene diffidati e obbligati ad andare a firmare quando c’è la partita, se abbiamo acceso una torcia o solo sputato in campo (perché l‘ultras non accende la torcia per tirarla in testa a qualcuno, chi lo fa non appartiene alla linea di pensiero dell’ideologia ultras) e poi quando la sera si torna a casa dal lavoro accendere la tv e sentire che "lo straniero irregolare ha ucciso a coltellate un vecchietto per 100 Euro" o che "il pluri-pregiudicato viene scarcerato nuovamente", che "Omar ed Erica avranno delle ore in cui potranno uscire e incontrare parenti e amici", che "l’assassino dei propri genitori viene scagionato per infermità mentale", tutto questo è un’offesa al cittadino! Tant’è vero che la legge sulle diffide è incostituzionale, non si può condannare qualcuno senza essere prima giudicato, il Questore che emette l’ordinanza non ne ha i poteri, ma questo discorso è stato poi subito messo a tacere, nascosto, ammorbidito con aggiunte e variazioni alle leggi speciali! E c’è chi ancora aspetta la legge speciale per la ricostruzione della propria casa terremotata… vergogna! Questo stato di tensione non porterà mai a qualcosa di costruttivo, sarà sempre guerra “tutti contro tutti”, senza dialogo, senza collaborazione fra le parti, e per collaborazione non intendo… l’avete capito! Ma solo non romperci le scatole a vicenda: rispetto! Perché nella vita, allo stadio, per strada, nel lavoro ci vuole buon senso nel capire la gente e le situazioni che si hanno davanti. Così da sempre, la repressione non ha mai vinto, sono passati anni e anni nelle storie di tutto il mondo. Sterminio di razze, dittature, embarghi, ma tutto ciò che è stato represso ha poi avuto la meglio. Non molliamo, fino alla fine gridiamo: no alla repressione! Libertà per gli ultras!

Quello che "il Potere" si ostina a non voler capire è talmente evidente e sacrosanto da far venire meno ogni possibile fraintendimento: questa è solo cecità, cercata e voluta, trovata ed orgogliosamente esibita. L’ultras colora il calcio, come ogni altro sport, in Italia ed in Europa, ovunque. L’ultras ama la maglia della sua squadra del cuore, la onore sempre e comunque, la difende, la sostiene, si sobbarca spese assurde pur di seguirla dappertutto. L’ultras porta il nome della sua città in giro per ogni stadio, senza elemosinare biglietti, accrediti o "liste riduzione", senza pretendere tappeto rosso e pasti gratis, chiede solo rispetto. Quel rispetto che manca giorno dopo giorno sempre di più, quel rispetto che altri credono di poter pretendere anche di fronte ad un evidente abuso, quel rispetto che differenzia l’ultras dallo spettatore occasionale in vena di scorribande. Quel rispetto che nessuno vuole assumersi la maledetta responsabilità di riservare al criminale in sciarpa e cappuccio! Povera patria… scrisse Franco Battiato.

Marzo ’07

Sottotitoli febbraio’07

La tradizione vuole che all’alba di ogni mese scatti il Sottotitolo, l’affondo, il pensiero di compagnia che farà da centro accoglienza ai visitatori abituali e/o occasionali del blog, ed anche stavolta la scadenza viene rispettata. Prime ore di Febbraio ed ecco alzarsi il sipario su un nuovo condensato di filosofia ultras, gradito ai più, che però in occasione delle sue ultime apparizioni ha provocato anche prese di posizione opposte: apprezzabili in quanto esternazioni di un pensiero da parte di qualcuno che vive il nostro stesso mondo, ma non completamente condivisibili. D’altronde esistono divergenze storiche perfino sulla concezione del termine ultras, come pure su tutto il contorno più o meno colorito che fa di questa nostra passione nel bene e nel male un ottimo deterrente all’omologazione cui tanti, troppi, giovani e meno giovani, non riescono a sottrarsi, figuriamoci come non possano nascere delle opinioni contrastanti relativamente ad una riflessione. Vero anche che, al di là di ogni possibile differenza concettuale, e ben lontani comunque da alcun pregiudizio di sorta, sussistono una serie di affinità, quei punti delle singole assi che però in alcuni casi si incrociano e finiscono per non essere parallele, o per dirla con la matematica: il minimo comune denominatore. Nel nostro contesto a farla da padroni sono la fede per la propria squadra, lo spirito ribelle, la memoria storica, il forte senso di territorialità, l’accentuato orgoglio e senso di appartenenza ad una città o alla propria realtà ultras, l’opposizione al sistema ed ai suoi difensori armati. Parole sante direte…

Constatazioni banali aggiungeranno altri, ma ultimi vessilli probabilmente che non soffrono di instabilità. Allora affrontiamolo questo argomento, svisceriamo approfonditamente le avversità che mettono in serio pericolo il futuro del movimento, cerchiamo delle eventuali similitudini e mettiamo subito in piedi, ove possibile, una strategia comune per arginare il rischio e limitare i danni. Spazziamo in tribuna alla “Viva il parroco” questo cross teso che domenicalmente, ma non sarebbe sbagliato dire quotidianamente, spiove nella nostra area di rigore, già di per sé intasata da altre più o meno superabili difficoltà. Ci accorgeremo di una cosa semplice, forse banale anch’essa, ma maledettamente vera: siamo tutti dalla stessa parte! Tutti sulla stessa barca! Ed il mare aperto che affrontiamo, incuranti dei pericoli e della cosiddetta convenienza dell’indifferenza, non è altro che uno stimolo in più per continuare, per non mollare, per non indietreggiare. Anche perché, e questo è un particolare di rilievo assoluto, noi non facciamo altro che difendere la nostra fede, vivere la nostra vita, e tutto ciò che in essa è prioritario, a modo nostro, senza schemi e calcoli, spontaneamente, sbagliando in alcuni casi ma sempre in buonafede. Scritturati da nessuno, schierati sì ma non come pedine di un gioco da tavolo tantomeno come maschere del burattinaio. Noi stessi, sempre e comunque, nonostante tutto e tutti. E, cosa molto importante, veri, leali, coraggiosi. Imprevedibili? …sì, se vogliamo, perché certo non rappresentiamo un surgelato che ha bisogno solo di una semplice cottura. Emotivi sicuramente, perché siamo così come mamma ci ha fatto, nessuno ci ha modificato geneticamente e per questo risultiamo antipatici e diversi.

Essere, appunto, e non apparire. Essere se stessi! Fregarsene dei moralisti, dei benpensanti, dello sguardo schifato di chi crede di trovarsi di fronte l’ignorante di turno non sapendo che magari dietro quel taglio di capelli strano e quel tatuaggio sul braccio c’è un laureato in sociologia o un libero professionista, un esponente della “società civile”, come amano chiamarla i politicanti, che sopravvive sei giorni in ufficio per poi tornare a vivere la domenica. E poco gli importa se si giochi di mattina o pomeriggio! C’è sempre, e ci sarà sempre, finché potrà prestare il suo calore all’amore per la maglia condividendo le emozioni di una vittoria e lo sconforto di una sconfitta, l’indifferenza di un pareggio ma soprattutto i sorrisi e la goliardia di una trasferta con i suoi fratelli di curva. Essere noi, per come siamo, per quello che siamo. Questa è la prima regola, la prima arma di difesa da opporre al disegno offensivo dell’avversario. Badate bene, ognuno nel suo piccolo. Perché sembrano tramontati i progetti agglomeranti che pure avevano fatto ben sperare nel corso degli ultimi anni. Le strumentalizzazioni tentate, le infiltrazioni politiche, le pregiudiziali e le rivalità insormontabili hanno messo al tappeto l’unione delle forze, intesa naturalmente come momento di sintesi delle diverse esperienze di gruppo incrementate dall’elaborazione di una contromossa comune. In più di una curva sono cresciute le fratture, tra chi sposava l’idea e chi la considerava inopportuna, e per questo il lavoro portato avanti da due-tre unioni, chiamiamole così, è definitivamente andato in archivio, salvo tornare utile in occasioni particolari, come per alcune grandi manifestazioni anti-repressione svoltesi di recente.

“…contrastare chi da sempre è intenzionato ad uccidere l’identità ultras” era uno dei punti fermi di questi raduni, ma va anche sottolineato come fosse prevedibile una diversa interpretazione da curva a curva. “L’odio porta onore e l’onore porta rispetto” è una delle frasi più significative di un quasi-tascabile che non dovrebbe mancare nella libreria di un malato cronico: la prospettiva di una forza comune portata avanti radicalmente avrebbe garantito risultati positivi per tutto il movimento ultras nazionale, ma non è detto che anche lavorando ognuno nella propria realtà il “prodotto finale” non possa essere all’altezza della situazione, pronto ad opporsi al killer in cerca di teste. Ed allora bisogna essere quel che si è davvero: oggi come oggi è la parola d’ordine per noi. Come per tutti coloro che vogliono issare un muro di difesa del proprio piccolo grande mondo, per difenderlo dalle insidie e farlo crescere liberamente. “Perché è giusto che gli ultras siano liberi di andare allo stadio e non costretti ad andare in Questura o in Commissariato, perché è giusto che siano liberi di prendere un treno senza che qualcuno chieda loro se stanno andando in trasferta, liberi di dare il benvenuto alla tifoseria avversaria nel modo che più gli si confà”. “Sì, certo, l’unione fa la forza, figuriamoci se non avrebbe fatto la forza l’unione delle bande più rispettate d’Italia… ma a quali condizioni?” Su, avanti così, ognuno sia quello che è. Noi pensiamo ad essere, per l’apparire è finito il rotolo dei numeretti…

Gennaio ’07

Sottotitoli gennaio’07

La forza di resistere, di reagire, di non mollare, di perseverare. Diabolicamente se necessario! Gli ultras la forza per combattere un altro anno ce l’hanno, eccome se ce l’hanno. Hanno voglia di vivere, e non di sopravvivere, hanno voglia di soffrire, piangere, gioire, sorridere, esultare, sdrammatizzare. Hanno voglia di altri dodici mesi di passione. Ed hanno soprattutto la forza di respirarli, di appiccicarseli addosso, di goderseli, nei momenti di delusione ed in quelli di meritata esaltazione e fomento. 365 giorni tutti d’un fiato, per chi ha coraggio da vendere, disponibilità al sacrificio ed anche consapevolezza del proprio ruolo fondamentale. In un calcio sempre più lontano dalla gente, sempre più chiuso nei palazzi, fatto su misura per ipocriti ed opportunisti. Un contesto alquanto desolante per chi ama cibarsi di pane&pallone, per chi è cresciuto al campetto di cemento o nella strada sotto casetta sfondando ripetutamente le scarpe che mamma comperava la domenica mattina al mercato-fiera. Ed allora ci perdoneranno BlissTeam e company se abbiamo voluto coniare sulle note del loro tormentone “People have the power”, targato inizio anni ’90, il sottotitolo d’apertura di un anno che si preannuncia durissimo da affrontare. Un 2007 davvero intrigante, che può nascondere piccole grandi soddisfazioni alternate a nuove ed amare delusioni, epiloghi felici da favole rosa o tremendi risvegli che smorzano i sogni e riportano ad una realtà da incubo. Quello che non manca, a conti fatti, è proprio la forza della gente, la nostra forza, il nostro rispondere presenti al richiamo della fede.

Che il calcio sia decisamente cambiato se ne sono accorti anche i parcheggi degli stadi, è cambiata allo stesso modo la società che ci circonda, non poco, e, di conseguenza, il contesto sociale dello sport. L’anno appena conclusosi, in particolar modo, ha segnato mutamenti epici nell’ambito ultras dello stivale, con lo scioglimento di diversi gruppi storici, per i motivi più diversi non ultimo quello del mancato ricambio generazionale. Aspetto quest’ultimo che meriterebbe approfondite riflessioni, al momento limitiamoci a prendere atto della situazione attuale: i quindicenni e sedicenni di oggi non sono i quindicenni e sedicenni di venti, quindici o anche dieci anni fa. Difficilmente vengono attratti dal nostro mondo, preferiscono la cannetta, lo shopping con la carta di credito di babbo, i pomeriggi e le nottate davanti ad una playstation. Nel nostro caso a tutto ciò si aggiunga la mancanza di un vero punto di aggregazione, un settore distinto e distante dal tifoso occasionale o dallo spettatore di teatro, senza dimenticare una tradizione calcistica tornata in categorie accettabili solo qualche anno orsono dopo stagioni buie in Prima Categoria e Promozione ed un movimento che ha dunque ripreso a marciare non più di quattro campionati fa dopo una pausa, in diversi casi “forzata”, di un buon decennio. Il ragazzetto soffre più o meno consapevolmente l’assenza di valori ed ideali, lo scarsissimo senso di appartenenza ad una città-patria e l’annebbiamento culturale, si adegua al “campare” quotidiano senza scegliersi un proprio amore da condividere, una passione da divorare, una bandiera da sostenere. L’imborghesimento delle nuove generazioni ci ha dichiarato guerra!

Ma gli ultras non sono soliti abbattersi, anzi. Combatteranno e vinceranno anche questa di guerra, con la forza del proprio modo di vivere e di concepire il calcio e non solo esso. D’altronde non conoscono confini, sono ovunque, con colori diversi ma sotto un unico vessillo. Ed hanno sempre avuto quel senso di solidarietà e rispetto per l’avversario che esula da qualsiasi immaginario collettivo. La cosa che però va sottolineata è il nuovo fenomeno, se così vogliamo chiamarlo, della condivisione di una barricata. Termine troppo forte? No, assolutamente, perché è la giusta definizione per spiegare come gli ultras abbiano saputo coalizzarsi e fare fronte comune, o quadrato fate voi, nei confronti di quello che viene avvertito da molti come primo nemico. Di netta contrapposizione parla qualcuno, di pura e sana rivalità altri. L’editoriale di un seguitissimo magazine si sofferma in particolare sul momento di esplosione del caso: “Iniziata come una forma unilaterale di insofferenza sentita dagli ultras verso coloro che ne controllavano le azioni e ne restringevano la libertà personale, è poi diventato un contrasto reciproco”. Un esempio su tutti? L’automatico lancio di cori di solidarietà cantati dalla tifoseria avversaria verso quella che in quel momento sta subendo una carica dei celerini. O ancora gli striscioni che, sorvolando su rivalità e inimicizie, vengono esposti per chiedere giustizia o verità contro i soprusi perpetrati ai danni di altri ultras. Emblematiche in proposito le testimonianze che sono arrivate ai bresciani per Paolo, e nel pretendere chiarezza sui fatti della stazione di Verona, significative le prese di posizione di realtà totalmente opposte per chiedere giustizia per l’ultras napoletano finito in coma nella trasferta di Pescara. Sbalorditivo, invece, è stato l’effetto avuto sull’intero movimento europeo dall’assassinio di Julien Quemener, l’ultras parigino ucciso da un poliziotto dal palmares non proprio felice al termine di PSG-TelAviv.

Appare evidente come in questi ed in tanti altri casi, sfortunatamente simili, gli ultras abbiano dimostrato un sentire comune, un forte senso di unione e compattezza, quasi a voler ricacciare dal proprio mondo chi cerca di reprimerlo ed annientarlo. L’estraneo, l’intruso, la pedina in off-side pretende di imporre regole, abusa del proprio status, ed invece di contribuire alla sicurezza negli stadi, almeno quello che vorrebbe il buonismo dilagante, si permette di aizzare le masse con sputi verso i settori ospiti, sottrazione/furti di pezze e striscioni, perquisizioni esagerate, insulti ed atteggiamenti inequivocabili, provocando reazioni sicuramente giustificate. Non generalizziamo, no di certo, ma a differenza di altri dibattiti in questo caso di eccezioni ne troviamo ben poche, e non vogliatecene, è la realtà. Può far male, può far riflettere, può far arrabbiare, ma è la verità sacrosanta. E siccome amiamo difenderla e proporla, sempre e comunque, nonostante tutto e tutti, ficcatevi nella testa fin da questo momento che il sipario appena apertosi su questo nuovo anno ci sta nascondendo diverse ed elettrizzanti sorprese. Statene certi! Noi siamo pronti a scartare anche questi pacchi, abbiamo the power di continuare a percorrere il nostro sentiero, sperando che di strada per la gloria non ne sia rimasta ancora troppa.