Finché vivrò…
Archivi del mese: Gennaio 2007
ACAB 2a puntata
Gianluca combatte
Una storia che nessuno vuole raccontare. L’hanno ribattezzata così negli ambienti partenopei la brutta avventura di Gianluca C., 25 primavere, per giorni e giorni in coma farmacologico perché colpito in pieno volto da un lacrimogeno sparato dalla Polizia prima dell’incontro di calcio Pescara – Napoli giocatosi lo scorso 26 Novembre. Una vicenda scomparsa però dai giornali e dall’attenzione dei media in un attimo! Purtroppo per i censori, ci hanno pensato diversi video girati dai sostenitori campani al seguito a documentare il triste accaduto: durante il tragitto verso lo Stadio “Adriatico” gli ultras partenopei vengono continuamente provocati dalla Polizia e dai tifosi avversari. Gli scontri sono allora inevitabili, e scoppiano a pochi passi dall’impianto di Via Pepe. Il bilancio parla di undici feriti, uno di questi finisce in coma. Un pomeriggio di guerriglia urbana a Porta Nuova, tra lo Stadio e la zona del Tribunale. Per cinque ore, prima e dopo la partita. I primi segnali di tensione già nella tarda mattinata, con un gruppo di partenopei giunti intorno alle ore 12,30 nell’area dell’Adriatico, con largo anticipo rispetto all’orario d’inizio della gara fissato per le 16,00. Ad attenderli gli ultras di casa, presenti e pronti a dar loro il benvenuto, muniti di spranghe, bombe carta ed ardimenti rudimentali. In particolare si segnala un’aggressione degli ultras locali ai danni di un gruppo di pochi supporters ospiti all’interno di un supermercato, mentre in un’altra imboscata a farne le spese è un operaio senegalese intervenuto a difendere alcuni napoletani presi di mira nei pressi di un cantiere. Questa la cronaca reperita. Sarà vero?
Manca un’ora all’ingresso delle squadre in campo quando parte l’assalto ai cancelli della Curva Sud da parte di 700 tifosi napoletani. Si trovano davanti un cordone di poliziotti, carabinieri e finanzieri. Lo scontro è violento, le Forze dell’Ordine rispondono con diversi lacrimogeni, uno dei quali finisce anche dentro lo Stadio, ma alla fine devono cedere all’urto degli ultras. Sembra una classica carica, sembra non ci siano particolari conseguenze ed invece Gianluca viene colpito in piena faccia da un lacrimogeno lanciato ad altezza d’uomo ed a distanza più che ravvicinata da un solerte poliziotto, all’interno dell’Adriatico. Sono i suoi stessi fratelli di curva a richiamare l’attenzione degli operatori volontari di Misericordia e 118. L’ultras ha una vistosa ferita alla testa, viene trasportato d’urgenza in ospedale, dove i medici riscontrano la frattura dell’osso temporale, con emorragia cerebrale. Il giovane è sottoposto d’urgenza ad un delicato intervento chirurgico e nella tarda serata viene ricoverato in prognosi riservata nel reparto di Rianimazione. Sta per morire un ultras, la sua curva rivive i tragici momenti della scomparsa di Sergio Ercolano, la tensione è alle stelle… L’atmosfera ed il clima che si respirano riportano alla mente i casi di Antonio De Falchi e Vincenzo Claudio Spagnolo, anche se questa volta le responsabilità prendono una direzione diversa. Decisamente!
La repressione negli stadi risulta essere una costante, reprimere gli ultras considerati “i soliti cattivi e violenti”, mentre invece rappresentano una forma di aggregazione sociale del nostro tempo, è una costante delle questure di tutta Italia su direttiva del Ministero dell’Interno. Uso di gas CS, cariche indiscriminate, violenze di ogni tipo che si consumano ogni fine settimana negli stadi della penisola, e vengono prese dalle FdO come palestra di soprusi e sevizie da poter sperimentare con tutta tranquillità lontano dalle attenzioni dei media e ben coperti dalla “caccia al teppista” legittimata a vario titolo dall’opinione pubblica, e dietro cui si cela una sistematica repressione che trasforma gli stadi italiani in teatro di scontri. Ed è stato così anche per Pescara-Napoli, partita che la Questura locale ha trasformato in una carneficina. “Gianluca in coma farmacologico all’Ospedale di Pescara e nessuno ne parla” hanno urlato i suoi fratelli di curva. La Polizia, dopo gli scontri, parla di “dinamica dei fatti incerta: si dovrà accertare se il giovane si sia ferito cadendo e battendo la testa sulla gradinata o se sia stato raggiunto da un petardo lanciato da altri tifosi partenopei durante gli incidenti che hanno preceduto l’inizio della gara”. In realtà dai primi soccorsi appare evidente che ciò che ha colpito Gianluca è un lacrimogeno, lo testimoniano gli stessi medici del nosocomio abruzzese. Il silenzio sembra cadere sull’episodio mentre Gianluca lotta tra la vita e la morte in un letto d’ospedale e nessuno si preoccupa di ricercare il poliziotto che gli ha sparato un lacrimogeno in faccia. Intanto viene presentata un’interrogazione parlamentare sulla vicenda, da parte di alcuni deputati del Prc (è giusto e doveroso segnalarlo): si chiede al Ministro degli Interni di fare luce su questo gravissimo episodio che potrebbe costare la vita ad un ragazzo di appena 25 anni. Nelle curve d’Italia, e non solo, si moltiplicano le testimonianze di solidarietà e sostegno al giovane ultras napoletano e la sua curva scrive, tra gli altri striscioni, una frase molto significativa: “GIANLUCA IN COMA… PONZIO PILATO VIVE ANCORA… la verità è altrove!”. Bisogna aggiungere altro?
Dopo tredici lunghissimi giorni Gianluca si sveglia, la sua curva torna a sorridere, i fratelli Cannavaro e Gautieri contribuiscono alle spese del caso e si stringono alla famiglia del ragazzo. Le istituzioni se ne fregano altamente, così come le due società di calcio per così dire toccate dall’accaduto, e la rabbia della gente chiede a gran voce verità e giustizia. Un blogger napoletano scrive: “Il dubbio che mi pervade è questo: può rimanere impunito un appartenente alle FdO che causa, non si sa ancora se per errore, lo stato di coma e forse danni permanenti ad un giovane di venticinque anni? Può un tutore della legge nascondersi con grande viltà e non assumersi la responsabilità di un reato che ha commesso nell’esercizio delle proprie funzioni? Ad oggi infatti le FdO negano che l’incidente sia stato causato dallo scoppio di un loro lacrimogeno, al contrario però delle testimonianze che sono state rese dai presenti. Questa storia mi ricorda, sotto alcuni aspetti, alcune tragiche vicende che in passato hanno visto protagonisti le FdO, le quali a volte hanno letteralmente abusato del loro imperio… la morte del giovanissimo Federico Aldovrandi ad esempio, causata, a detta di un teste al processo, da traumi originati da colpi mortali inferti sul giovane dalla Polizia a seguito di una perquisizione”.
Intanto il nuovo anno pare aprirsi con due notizie positive. La prima è che Gianluca è tornato a seguire la sua fede e qualche settimana fa ha raggiunto addirittura il suo Napoli durante gli allenamenti su invito del Dirigente Marino. Il venticinquenne è tornato da tempo nella sua Brusciano e lentamente, con l’ausilio di un logopedista, sta riacquistando la capacità di parlare. Un processo lento, ma che procede senza alcuna complicazione, così come la fisioterapia per il recupero della mobilità degli arti superiori e inferiori. E mentre l’avvocato civilista della famiglia C. ha citato per danni Prefetto di Pescara e gestori dello Stadio Adriatico, la madre del 25enne si prepara all’interrogatorio. “Voglio sapere chi ha ridotto così mio figlio. È assurdo rischiare di morire per una partita di pallone”. La madre del ragazzo, inoltre, ha sempre negato che il figlio facesse parte di un gruppo di facinorosi e ha ribadito che quel giorno Gianluca era munito di regolare biglietto d’ingresso allo stadio. “Abbiamo indicato ai magistrati – aveva spiegato il penalista Luigi Sonetti – decine di testimoni, ma finora nessuno è stato ascoltato”. Un appello che, nel frattempo, sembra aver trovato ascolto con la decisione della Procura di Pescara di delegare lo svolgimento delle indagini alla Digos della Questura di Napoli. Ma anche quest’ultimo passo potrebbe presto rappresentare un ulteriore punto oscuro dell’intera vicenda. La famiglia C. si chiede perché l’inchiesta sia stata affidata proprio alla Digos, dal momento che le responsabilità del ferimento del giovane sarebbero addebitabili proprio ad agenti di polizia.
Cordone ombelicale
Sembrava troppo bello, incredibile ed emozionante per essere vero ed in un batter d’occhio siamo tornati sulla terra, siamo tornati alla realtà. Una realtà fatta di episodi sfortunati, arbitraggi discutibili, infortuni che si protraggono nel tempo, squalifiche pesanti, risultati negativi che rovinano quella che poteva essere davvero la partita dell’anno, la svolta che tutti aspettiamo. Non basta al Fondi giocare per oltre un’ora in inferiorità numerica e tenere testa ad una delle migliori formazioni del girone, combattere su ogni pallone e non darsi per vinto nemmeno dopo il vantaggio siglato ad inizio ripresa dal bomber di casa. Non basta perché quando inizi a pregustare la rete del miracoloso sorpasso, considerata la mole di gioco prodotta e l’evidente stanchezza della retroguardia locale, arriva inesorabile l’ennesima beffa stagionale. E se in altre occasioni è stato un penalty generoso concesso agli avversari, una rete al primo tentativo o un goal da cineteca a colpirti oggi è addirittura un’autorete. Clamorosa a dir poco per come viene, completamente estranea ad ogni regola di fisica, ma totalmente in linea con il copione di questo terribile campionato. E come se non bastasse i finali dagli altri campi parlano di vittorie pesanti delle nostre dirette avversarie nella battaglia salvezza. Il Colleferro sul campo di Jenne, la VisArtena a Velletri, la Viribus al “Perrone”, il Nettuno su ciò che resta dell’Impero Romano (anche se insistenti voci di corridoio danno la formazione capitolina in netta ripresa grazie ad acquisti importanti e diversi ritorni di fiamma). E meno male almeno che il battaglione Frascati affonda l’Anitrella ed il BovilleErnica torna al successo con un pokerissimo ai danni del malcapitato LaRustica.
Quello che però va ricordato della nuvolosa trasferta di Nemi non è solo il nuovo risultato beffardo, ma soprattutto il carattere e la grinta messi in campo dalla squadra rossoblu. Fin dai primi minuti, con agonismo e determinazione, come noi vogliamo! Una gara, quella giocata davanti ai trecento spettatori del piccolo impianto castellano, che ha visto prevalere l’equilibrio per tutta la prima parte, un leggero predominio dei locali solo ad inizio ripresa ed un monologo fondano anche dopo il goal che ha chiuso la partita. Per questo motivo, ed in considerazione del fatto che a decidere le sorti dell’incontro ha contribuito certo una direzione di gara quantomeno casalinga, non possiamo non essere soddisfatti. Al di là del risultato, appunto, perché il Fondi ci è piaciuto davvero. Abbiamo rivisto finalmente una squadra quadrata anche in trasferta, dopo la deludente domenica latinense al cospetto della Viribus Cisterna Montello, l’apocalittica mattinata sui Monti Simbruini e la prestazione decisamente sottotono di Formia. Abbiamo rivisto per lunghi tratti la stessa partita giocata a Gallicano nel Lazio contro la VisArtena, con una direzione di gara mostruosamente colpevole di errori/orrori, condizioni climatiche ed atteggiamento simile dei nostri ragazzi in campo. Peccato per l’unica differenza, il punteggio che ci condanna a lasciare l’intera posta in palio ai padroni di casa che con questa vittoria raggiungono la quarta piazza in solitudine. Come noi, in solitudine!
Ed ecco l’altra grave incongruenza: la Diana festeggia una classifica superlativa e fuori da ogni pronostico d’inizio stagione, come ci racconta il simpatico Presidente Bertucci (che si fa scappare anche una schietta ammissione sulla spesa societaria!), la nostra solitudine, invece, dice soltanto diciannove punti, piazzamento pericoloso, con il doppio sorpasso di Colleferro e VisArtena, la mini-fuga della Viribus, l’assestamento (e questa è la nota positiva in ambito matematico per così dire) di MentanaJenne e VjsVelletri ora decisamente imbalsamate in questa terrificante lotta per la permanenza in Eccellenza. Ma a noi sta bene anche così! Chi non ha avuto la possibilità o la volontà di essere presente domenica mattina allo “Iorio” non può nemmeno immaginare cosa sia successo al goal di Stefano Fiore, valso il momentaneo pareggio rossoblu… overdose di gloria, esultanza da vittoria di uno scudetto, sangue lasciato sulla rete. E peccato soprattutto per chi non ci ha potuto sentire, perché abbiamo sfornato un’ultima mezz’ora da panico. Peccato per chi ha disertato nuovamente, senza nemmeno demandare l’incarico alla propria emittente satellite, ma c’era da aspettarselo… fa sorridere sentire poi che “si segue tutti allo stesso modo”. Ma va bene così, davvero, va bene così! Tocca ripeterci ma ne siamo contenti: vogliamo vivere sofferenze e gioie, delusioni e gloria, amarezze ed euforia. Siamo fatti male probabilmente ma ci piace da matti questo stato di cose. Non siamo masochisti, non vogliamo certo il male di questa squadra, ci mancherebbe, ma il turbinio di emozioni che questa stagione ci sta regalando ci risarcisce largamente per i momenti tutt’altro che elettrizzanti che hanno caratterizzato la scorsa stagione.
Chiss’ so pazz! Chiss’ so pazz! Ma sò pur bej! Non certo da copertina o spot televisivo eh, ma belli a modo nostro. Bellissimi con la nostra goliardia, il nostro attaccamento alla maglia rossoblu, il nostro sostegno continuo, la nostra spinta perenne, la nostra voce e le nostre mani, le nostre invenzioni, i nostri colori. E le nostre domeniche! In pochi ma buoni, in “più di diecimila, meno di sedicimila”, in vena di scorribande o apparentemente calmi. C’è il serio e modaiolo che non molla mai il suo stendardino preferito, c’è il guardalinee sanguinante in forma smagliante, c’è il fotografo canterino, c’è il “per me è uguale”, c’è il “se è c’ vedem allà”, c’è il “te vojo bene ma levate ‘sto cappello e nun saltellà”, c’è il “ma quant’ sem ogg?”, c’è il Gruppo Trippa reduce da una vittoria stupenda in quello che è stato un Sabato pomeriggio all’insegna dello sport… ci sono! Sono legati a questa maglia da un cordone ombelicale inossidabile e la seguono ovunque. La sostengono, la difendono, la onorano. Regalate a questi maledetti quindici partite come quella di domenica… a vincerla ci penseremo noi!
Sufficit animus
Non posiamole queste posate, forchetta, cucchiaio e coltello tra i denti e la salvezza sarà nostra. Fidatevi! Misceliamo il tutto come farebbe un buon dj con tanto impegno, dedizione, sacrificio e forza di volontà e l’obiettivo diverrà sempre più vicino, a portata di mano. Basta poco per uscire fuori da una crisi di risultati che pregiudica anche il piazzamento in classifica, bastano un pareggio che ha il sapore della vittoria ed una vittoria che ha il sapore della svolta stagionale. Ed è così che si riparte, forti, compatti nonostante le assenze, concentrati e determinati, volitivi e grintosi. Desiderosi di mostrarsi all’altezza della situazione, vogliosi di ben figurare anche contro l’avversario più blasonato, senza timore. Il Fondi è tornato così a ruggire, a modo suo! Resistendo con caparbia ai momenti bui, rilanciandosi quando era indispensabile farlo, con le flotte avverse alle calcagna. Quattro punti in due giornate ed il nuovo anno appare subito positivo, soprattutto se oltre al valore numerico incamerato per la graduatoria si riflette sulle prestazioni offerte, largamente al di sopra della media registrata nell’ultima parte del 2006. Ed ora l’esame più duro, il trittico terribile che ci dirà di che pasta siamo fatti… domenica mattina a Nemi, la prossima in casa col Cecchina e per finire la temibile trasferta in quel di Frascati. Tre partite delicatissime che però ogni atleta vorrebbe poter disputare, tre battaglie che il Fondi visto all’opera negli ultimi tempi può giocarsi a viso aperto. Ed è questo che ci auguriamo, quello che vogliamo fortemente è vedere una squadra tosta e gagliarda come il Fondi sa essere. Sufficit animus, direbbe D’Annunzio, basta il coraggio, appunto!
Quale occasione migliore per tirarlo fuori allora se non domenica nella trasferta di Nemi? Per agguantare un risultato utile che ci allontanerebbe ancora un po’ dalla zona torrida della classifica ma soprattutto per tornare a fare punti fuori casa dopo tanto, troppo, tempo. E sì, perché all’Arnale Rosso bene o male qualcosa si racimola sempre, è via da Fondi che si fatica tantissimo, non si gioca sempre in maniera dignitosa, spesso si commettono delle clamorose disattenzioni, si prendono goal assurdi. Basti pensare che, tra errori arbitrali, squalifiche ed infortuni, prestazioni non all’altezza ed episodi sfortunati, è dal lontano 12 Novembre in quel di Gallicano nel Lazio al cospetto della Vis Artena che non raccogliamo punti in trasferta. E per approfondire il discorso basta notare che sulle otto gare giocate fuori nel girone di andata il tabellino parla di ben cinque sconfitte e solo tre pareggi. Logico allora rimediare e lavorare meglio su questo aspetto, considerando che in questo girone di ritorno saranno nove le partite da giocare lontano dall’Arnale Rosso. La prima, appunto, domenica mattina contro una delle migliori squadre di questo campionato, quel DianaNemi con cui alla seconda giornata riuscimmo solo a pareggiare nonostante la gran mole di gioco costruita e le numerose palle goal prodotte, senza dimenticare i legni colpiti da Fiore e Gisfredo e la direzione scandalosa di quel genio che risponde al nome di Olweger da Aprilia (sì, proprio lui, lo stesso che domenica scorsa ha regalato numeri agli spettatori di LaRustica-MentanaJenne).
Non mancherà certo il nostro apporto alla squadra, come accade sempre, sempre e comunque, ed anche e soprattutto quando il risultato fa preoccupare, proprio per spingere i ragazzi in campo a dare tutto. Lo striscione con cui abbiamo aperto le danze nel piovoso Fondi-Terracina era alquanto significativo: “Noi per te tanto, tu per noi tutto”. Proprio così, perché noi per il Fondi diamo tanto e siamo tanto, ed il Fondi per noi è tutto e deve dare tutto… e se possibile anche qualcosa in più! Deve lottare come sta facendo, sputare sangue sia che si giochi sul sintetico sia che si giochi sulle praterie di Jenne, senza mai “posare le posate”. Ed i goal verranno, fortunosi, cercati, trovati per caso, inventati, fortemente voluti, costruiti, studiati, preparati in allenamento… un cucchiaio come domenica scorsa o una forchetta volante come quella di Paolella la settimana prima, l’importante è che la palla superi la linea bianca. Accontentiamoci di questo, per il calcio spettacolo c’è tempo, ora badiamo al sodo, mettiamola dentro. Al fomento ci pensiamo noi, e sarà così anche nel prossimo incontro casalingo, visto che il pubblico sembra rispondere sempre meglio, i ritorni si stanno moltiplicando e l’atmosfera che si respira è quella giusta… l’ambiente è sereno e si tifa alla grande.
Finché Vivrò #10
Finché vivrò…
Renato Curi
UNO di NOI
Renato Curi
Renato Curi nasce a Montefiore dell’Aso (AP) il 20 settembre del 1953 e muove i suoi primi passi nel calcio che conta con la casacca del Giulianova.
Aveva solo 24 anni, ma quella capigliatura folta e quei baffetti lo facevano già uomo. Grande uomo, in campo e fuori, centrocampista grintoso e generoso, non tirava mai indietro la gamba. Un vero modello per i giovani! Il Perugia Calcio, per ricordarlo ed onorarlo, gli intitolò lo Stadio Comunale di Pian di Massiano, che tutt’ora porta il suo nome. Indelebile il ricordo lasciato nei tifosi, che ancora oggi lo portano nel cuore!
I’m singin’ in the rain
L’atmosfera è la stessa. La pioggia tanta, tantissima, e senza tregua viene giù. Il Cassino prima, il Morolo poi, il Gaeta ed il Terracina quest’anno: se diluvia all’Arnale Rosso non si passa! Ed allora poco importa se è solo uno il punto conquistato, poco importa se i successi della Viribus, dell’Artena e del Colleferro ci mettono in una situazione tale da dover tirare fuori amuleti e santini. Sì, è vero, se dovesse chiudersi oggi la stagione saremmo a giocarci la permanenza nella categoria nei play-out affrontando i rossoneri, ma la voglia di lottare e l’agonismo messo in mostra al cospetto della truppa Trotta fanno ben sperare. Nonostante tante assenze, e che assenze, nonostante le condizioni precarie di altri, nonostante si sia andati sotto al primo decente attacco ospite la squadra ha continuato a giocarsela, alla pari ed anche meglio. Nemmeno il capolavoro del giovane bomber Pagliuca ha spento le speranze di andare a riprendere la partita e farla nostra! Anzi, a dirla tutta è stato proprio quello l’attimo in cui la squadra ha cambiato ulteriormente marcia. Dopo tante buone azioni che, soprattutto nei primi venti minuti di gara, avevano fatto gridare al goal, ci si è ritrovati a dover inseguire il risultato. Il tabellino parla chiaro, in un incontro di boxe i veri punteggi avrebbero dato i tre punti al Fondi, questo è fuori da ogni discussione. Eppure la partita s’era messa male, anzi malissimo. Sembrava di assistere all’ennesima beffa stagionale, nonostante un gioco tornato discreto e la buona vena dei centravanti rossoblu. Assetto coraggioso quello nostrano, con due punte di ruolo supportate dalle invenzioni di Langiotti e Gisfredo nei confronti di un avversario quotato ed in continuo potenziamento. Ma il campo ha dato risposte contrastanti: se da una parte ha evidenziato le ottime individualità dei ragazzi di Biagioni dall’altra ha detto a chiare note che il Fondi non è inferiore a nessuno, è una mina vagante capace di vincere e perdere con chiunque, può deludere clamorosamente e poi tirare fuori i polmoni e gli attributi per pareggiare quando tutto sembra deciso.
Datecelo così però questo Fondi, pazzo, folle, mai scontato. Dateci le emozioni che meritiamo, fateci ammalare sempre di più. Ed anche la città verrà fuori dal letargo, si legherà alla squadra, farà sentire il proprio sostegno come è accaduto nel pomeriggio di domenica. Nonostante la posizione in classifica a dir poco deficitaria, nonostante un clima proibitivo, nonostante tutto ha voluto esserci. Ha trasmesso calore ai ragazzi già nel pre-partita assiepando gli spalti ben prima del fischio d’inizio, ha capito l’importanza dell’incontro, non tanto in meri termini campanilistici quanto in ottica campionato. Andava alimentato il morale della squadra e così è stato! Non dicevamo fandonie nel raccontarvi il nostro Fondi – Boville Ernica: i pareggi non sono tutti uguali. “Puoi recuperare una partita che sembra dall’esito scontato ed addirittura rischiare di vincerla, dando il cuore e qualcosa di più. Ci sono pareggi che hanno il sapore della vittoria, nonostante resti solo una la casella da annerire in graduatoria, nonostante le formazioni che per il momento sono alle tue spalle si avvicinino, molto pericolosamente. Le reti non debbono per forza di cose essere di ottima fattura, basta che la palla superi la linea bianca e beffi l’estremo difensore avversario”. Figuratevi un po’ la gioia irrefrenabile, se solo considerate che alcune domeniche bisogna farsi bastare un calcio d’angolo o una punizione dal limite. Ma non importa, il punto preso col Terracina (ma anche quei due punti lasciati) e le emozioni vissute sugli spalti sono un buon antipasto per un anno di battaglia, ma soprattutto diciassette partite da giocare col coltello tra i denti, senza mai arrendersi, senza abbattersi, con senso di appartenenza, coraggio e passione, determinazione, ardore e tenacia, estremo agonismo, orgoglio e forza. Un unico comandamento: per Fondi.
E dalle parole scelte per la copertina del nono atto della fanzine è venuta fuori anche la nostra nuova superlativa prova da questa parte della barricata. Certo che condizioni climatiche migliori avrebbero favorito un afflusso maggiore ma l’importante è che la città abbia risposto come si sperava, come già fece in occasione della gara interna al cospetto del Gaeta. L’obiettivo, logicamente, è quello di vedere sempre più gente tornare allo stadio, e non nascondiamo di sentire anche un po’ nostro il risultato ottenuto. D’altronde gli sforzi prima o poi vengono premiati, probabilmente si iniziano a vedere i frutti del lavoro svolto, chissà, "se è". Quello che giorno dopo giorno continuiamo a dire in giro, in piazza e nei locali è che la squadra è della città, il Fondi è dei fondani, ed in quanto tale va sostenuto. Sotto questo aspetto siamo garanzia di trasparenza, non abbiamo messo da parte le nostre posizioni ma abbiamo come priorità il sostegno e la vicinanza alla squadra proprio per il raggiungimento di una meta che per le sorti del calcio rossoblu è di primaria importanza. Di notevole valore sarebbe il riavvicinarsi alla realtà locale di quei soggetti da tempo passati nelle retrovie, come pure, per quel che concerne il nostro ambito, il ritorno di facce storiche, di irriducibili che per un motivo o per un altro sono stati allontanati o si sono voluti allontanare dal pianeta calcistico fondano. Non per mancanza di fede e passione certamente, ed è perciò che contiamo sul recupero di queste forze, cui aggiungere un serbatoio giovanile che, mattone dopo mattone, verrà su forte e compatto, cementificato da rapporti umani sinceri basati su legami indissolubili.
Finché Vivrò #9
Finché vivrò…
Anno IV – Nono Atto
Gennaio ’07
Sottotitoli gennaio’07
La forza di resistere, di reagire, di non mollare, di perseverare. Diabolicamente se necessario! Gli ultras la forza per combattere un altro anno ce l’hanno, eccome se ce l’hanno. Hanno voglia di vivere, e non di sopravvivere, hanno voglia di soffrire, piangere, gioire, sorridere, esultare, sdrammatizzare. Hanno voglia di altri dodici mesi di passione. Ed hanno soprattutto la forza di respirarli, di appiccicarseli addosso, di goderseli, nei momenti di delusione ed in quelli di meritata esaltazione e fomento. 365 giorni tutti d’un fiato, per chi ha coraggio da vendere, disponibilità al sacrificio ed anche consapevolezza del proprio ruolo fondamentale. In un calcio sempre più lontano dalla gente, sempre più chiuso nei palazzi, fatto su misura per ipocriti ed opportunisti. Un contesto alquanto desolante per chi ama cibarsi di pane&pallone, per chi è cresciuto al campetto di cemento o nella strada sotto casetta sfondando ripetutamente le scarpe che mamma comperava la domenica mattina al mercato-fiera. Ed allora ci perdoneranno BlissTeam e company se abbiamo voluto coniare sulle note del loro tormentone “People have the power”, targato inizio anni ’90, il sottotitolo d’apertura di un anno che si preannuncia durissimo da affrontare. Un 2007 davvero intrigante, che può nascondere piccole grandi soddisfazioni alternate a nuove ed amare delusioni, epiloghi felici da favole rosa o tremendi risvegli che smorzano i sogni e riportano ad una realtà da incubo. Quello che non manca, a conti fatti, è proprio la forza della gente, la nostra forza, il nostro rispondere presenti al richiamo della fede.
Che il calcio sia decisamente cambiato se ne sono accorti anche i parcheggi degli stadi, è cambiata allo stesso modo la società che ci circonda, non poco, e, di conseguenza, il contesto sociale dello sport. L’anno appena conclusosi, in particolar modo, ha segnato mutamenti epici nell’ambito ultras dello stivale, con lo scioglimento di diversi gruppi storici, per i motivi più diversi non ultimo quello del mancato ricambio generazionale. Aspetto quest’ultimo che meriterebbe approfondite riflessioni, al momento limitiamoci a prendere atto della situazione attuale: i quindicenni e sedicenni di oggi non sono i quindicenni e sedicenni di venti, quindici o anche dieci anni fa. Difficilmente vengono attratti dal nostro mondo, preferiscono la cannetta, lo shopping con la carta di credito di babbo, i pomeriggi e le nottate davanti ad una playstation. Nel nostro caso a tutto ciò si aggiunga la mancanza di un vero punto di aggregazione, un settore distinto e distante dal tifoso occasionale o dallo spettatore di teatro, senza dimenticare una tradizione calcistica tornata in categorie accettabili solo qualche anno orsono dopo stagioni buie in Prima Categoria e Promozione ed un movimento che ha dunque ripreso a marciare non più di quattro campionati fa dopo una pausa, in diversi casi “forzata”, di un buon decennio. Il ragazzetto soffre più o meno consapevolmente l’assenza di valori ed ideali, lo scarsissimo senso di appartenenza ad una città-patria e l’annebbiamento culturale, si adegua al “campare” quotidiano senza scegliersi un proprio amore da condividere, una passione da divorare, una bandiera da sostenere. L’imborghesimento delle nuove generazioni ci ha dichiarato guerra!
Ma gli ultras non sono soliti abbattersi, anzi. Combatteranno e vinceranno anche questa di guerra, con la forza del proprio modo di vivere e di concepire il calcio e non solo esso. D’altronde non conoscono confini, sono ovunque, con colori diversi ma sotto un unico vessillo. Ed hanno sempre avuto quel senso di solidarietà e rispetto per l’avversario che esula da qualsiasi immaginario collettivo. La cosa che però va sottolineata è il nuovo fenomeno, se così vogliamo chiamarlo, della condivisione di una barricata. Termine troppo forte? No, assolutamente, perché è la giusta definizione per spiegare come gli ultras abbiano saputo coalizzarsi e fare fronte comune, o quadrato fate voi, nei confronti di quello che viene avvertito da molti come primo nemico. Di netta contrapposizione parla qualcuno, di pura e sana rivalità altri. L’editoriale di un seguitissimo magazine si sofferma in particolare sul momento di esplosione del caso: “Iniziata come una forma unilaterale di insofferenza sentita dagli ultras verso coloro che ne controllavano le azioni e ne restringevano la libertà personale, è poi diventato un contrasto reciproco”. Un esempio su tutti? L’automatico lancio di cori di solidarietà cantati dalla tifoseria avversaria verso quella che in quel momento sta subendo una carica dei celerini. O ancora gli striscioni che, sorvolando su rivalità e inimicizie, vengono esposti per chiedere giustizia o verità contro i soprusi perpetrati ai danni di altri ultras. Emblematiche in proposito le testimonianze che sono arrivate ai bresciani per Paolo, e nel pretendere chiarezza sui fatti della stazione di Verona, significative le prese di posizione di realtà totalmente opposte per chiedere giustizia per l’ultras napoletano finito in coma nella trasferta di Pescara. Sbalorditivo, invece, è stato l’effetto avuto sull’intero movimento europeo dall’assassinio di Julien Quemener, l’ultras parigino ucciso da un poliziotto dal palmares non proprio felice al termine di PSG-TelAviv.
Appare evidente come in questi ed in tanti altri casi, sfortunatamente simili, gli ultras abbiano dimostrato un sentire comune, un forte senso di unione e compattezza, quasi a voler ricacciare dal proprio mondo chi cerca di reprimerlo ed annientarlo. L’estraneo, l’intruso, la pedina in off-side pretende di imporre regole, abusa del proprio status, ed invece di contribuire alla sicurezza negli stadi, almeno quello che vorrebbe il buonismo dilagante, si permette di aizzare le masse con sputi verso i settori ospiti, sottrazione/furti di pezze e striscioni, perquisizioni esagerate, insulti ed atteggiamenti inequivocabili, provocando reazioni sicuramente giustificate. Non generalizziamo, no di certo, ma a differenza di altri dibattiti in questo caso di eccezioni ne troviamo ben poche, e non vogliatecene, è la realtà. Può far male, può far riflettere, può far arrabbiare, ma è la verità sacrosanta. E siccome amiamo difenderla e proporla, sempre e comunque, nonostante tutto e tutti, ficcatevi nella testa fin da questo momento che il sipario appena apertosi su questo nuovo anno ci sta nascondendo diverse ed elettrizzanti sorprese. Statene certi! Noi siamo pronti a scartare anche questi pacchi, abbiamo the power di continuare a percorrere il nostro sentiero, sperando che di strada per la gloria non ne sia rimasta ancora troppa.