Archivi del mese: Novembre 2006

Parola d’ordine:
COMPATTARSI!

Stringere tutti un patto d’acciaio, l’uno con l’altro, all’interno dello spogliatoio, per ribaltare ogni pronostico, per soffiare via le nuvole addensatesi attorno al calcio fondano in queste ultime settimane e ripartire a vele spiegate verso di lei, la salvezza. Compattarsi, dunque, ancor più di quanto non lo si sia già. Chiudersi a riccio, se necessario, evitando polemiche e provocazioni all’ordine del giorno e sorvolando sulle prevedibili sviste arbitrali. Tenere altissima la concentrazione, nonostante tutto e tutti, ed affondare il colpo non appena se ne avverte la possibilità. Anche se le squalifiche e gli infortuni riducono la rosa a disposizione, anche se gli avversari sembrano avere una marcia in più, anche se la sfortuna ha deciso di perseguitarci ogni santa domenica. Luna nera a parte, è l’audacia a doverci distinguere dalle altre dirette concorrenti in questa lunga e dura battaglia per difendere la permanenza nell’Eccellenza. Non solo perché addosso ci sono il rosso ed il blu, non solo perché è il nome di una città come Fondi ad essere portato in giro per il Lazio, non solo per l’orgoglio di raggiungere un risultato importante, ma anche e soprattutto per dimostrare di non essere inferiori a niente e nessuno, di non dover temere paragoni e sfide incrociate, di non avere timori reverenziali nei confronti di chicchessia. Siamo Fondi ed è ora di dimostrarlo, in ogni senso!

Certo, ci sono grinta e forza di volontà, la squadra non smette mai di lottare, combatte, i giocatori in campo si sacrificano, il pallone è preda di zuffe e contrasti duri, la gamba non viene tirata indietro. Ma allora cos’è che manca? I goal, naturalmente, ma le statistiche dicono che prima o poi arriveranno (speriamo prima naturalmente!), e quel pizzico di cattiveria agonistica che può fare la differenza. Sì, ecco la vitamina di cui necessita la nostra squadra: la cattiveria. La prepotenza? L’arroganza? L’irriverenza? No, non ci siamo spiegati bene evidentemente. Cattiveria, come sinonimo di concretezza, al pari di cinismo, azione, dinamismo. Sia chiaro che non si tratta di una critica, semmai di una spinta, una riflessione che deve servire da stimolo per tutti. Il compito del sostenitore è anche questo, non deve limitarsi al supporto, ha il dovere di stuzzicare i componenti della propria squadra ad una reazione che sia positiva, in termini di gioco e risultati. Chiamatelo pure viagra sportivo se volete…

Inevitabile che il “compattarsi” issato ad undicesimo comandamento sia segnale inequivocabile di questo nostro atteggiamento. Risulta evidente la presenza di un gruppo unito, coeso, guidato dal piccolo nucleo di veterani che da buoni padri di famiglia stanno facendo crescere attorno a sé i giovani di belle speranze impegnati domenicalmente, e, vi sembrerà assurdo, ma anche in un momento negativo come nel caso del rigore fallito da Langiotti al settimo minuto della ripresa in quel di Latina, accorgersi che il capitano è lì e non perde tempo in recriminazioni o bestemmie ma va a rincuorare immediatamente il compagno di squadra che sfortunatamente ha tirato fuori è quanto di più emozionante ci possa essere per un ultras, ve lo assicuriamo! Da quel gesto deve partire la vendetta, sportivamente parlando. Dalla sconfitta del Francioni deve venire su un Fondi più cattivo. Che possa accantonare la rabbia e tramutarla in freddezza, anche se ci si trova a ranghi ridottissimi e per lo scontro diretto in arrivo domenica pomeriggio c’è un reparto da inventare, la difesa. La vita insegna che tutto è possibile, che “Volere è potere”, che il cuore ti può permettere anche le imprese più proibitive, basta provarci!

Mettiamo da parte allora la sconfitta con la Viribus, ed iniziamo a ragionare con lo sguardo rivolto alle formazioni che ci precedono, considerato che, in una maniera o nell’altra, la squadra di Bindi, divenuta ormai a tutti gli effetti prima società del capoluogo con il cambio di colori sociali e denominazione in FC Latina, verrà fuori dalle zone calde della classifica e si garantirà la salvezza anticipata. E se non ci credete scommettiamoci pure qualcosa, dai… nel frattempo prepariamoci ad una gara casalinga a dir poco fondamentale. Allo stadio Arnale Rosso scenderà LaRustica, in quello che a tutti gli effetti è uno scontro diretto. E quindi da vincere assolutamente, costi quel che costi! Con le buone o con le cattive, come direbbe qualcuno, purché si mettano in cassaforte i tre punti, dopo che nelle ultime tre uscite abbiamo annerito una sola casella, ahinoi! Giacchetta nera dalla chioma bionda, come con la Vettorel, o maleodorante dalla barba incolta, come all’UrbeTevere, c’importa ben poco. L’importante è che ci sia nei nostri confronti rispetto ed equità, imparzialità nelle decisioni, serietà e professionalità anche e soprattutto nelle scelte dei designatori. Sì, ci rendiamo conto di aver chiesto un piatto difficile da cucinare al cuoco Melchiorre, ma d’altronde è il minimo che si possa “ordinare”. Anche perché non bisogna dimenticarsi che il cliente ha sempre ragione, e paga solo se soddisfatto. Almeno così avviene di solito… ma forse il contesto non si addice a tutte queste frasi fatte. E sinceramente iniziano ad essere gratuite, meglio dedicarci a ciò che sappiamo fare meglio… tifare, sostenere la squadra, prenderla per mano e condurla alla vittoria. Compattiamoci anche noi, anzi… accallucciamc!

Semplicemente
VERGOGNOSO

C’era da aspettarselo dite voi? Forse sì, ma non di certo così… una nuova beffa, l’ennesima clamorosa ingiustizia di una stagione partita male e che inizia ad essere maledettamente sfortunata. Raccogli risultati prestigiosi e punti pesanti per un mese e quando sei sul punto di staccare le dirette concorrenti ti ritrovi i soliti errori/orrori arbitrali a frenarti il cammino, ad ostacolare la tua corsa spregiudicata verso la salvezza. Esci senza nemmeno il pareggio dal campo ed in un sol boccone sono due le formazioni a mettere la freccia. Senza dimenticare che quella che ti aspetta è una delle trasferte più importanti dell’intera stagione, in uno stadio che fino a pochi mesi fa ospitava addirittura la C2 ed oggi, desolatamente vuoto, dedica le sue domeniche alla Viribus Cisterna Montello, destinata a diventare la prima squadra del capoluogo con un incredibile ed inaspettato cambio di denominazione e colori sociali. A peggiorare il quadro tutt’altro che positivo arrivano le inspiegabili decisioni del giudice sportivo, su suggerimento di quella giacchetta nera campana ancora non del tutto soddisfatta della frittata cucinata all’Arnale Rosso in occasione della gara col Cynthia Genzano. Multa di 500 Euro per presunte violenze di alcuni sostenitori (?), squalifiche a massaggiatore, tecnico e tre giocatori. Tutti fuori per due turni, con l’eccezione di Pelliccia che sarà costretto a disertare per ben tre partite. Ed allora la sfida del Francioni diviene bivio fondamentale per il proseguimento della stagione: senza Gisfredo, DiFazio e Pelliccia, affrontiamo una Viribus col dente avvelenato, una squadra che ha cambiato notevolmente peso e volto con l’arrivo in panchina di Bindi e gli acquisti di diversi atleti di spessore.

Partita delicata quella di domenica a Latina, e non solo perché scenderemo in campo al cospetto di una formazione che naviga in acque pericolosissime e per questo più che mai intenzionata a cambiare rotta, ma soprattutto perché arriva in un momento difficile. Il morale e l’entusiasmo cresciuti con la buona serie di risultati utili ottenuti fino alla trasferta di Gallicano sembrano non poter nulla contro la rabbia e la tensione che i numerosissimi torti arbitrali subiti contribuiscono a far lievitare. La squadra è giovane ed è consequenziale che possa soffrire una situazione del genere, il contraccolpo è naturale e prevedibile, ma non per questo inevitabile. Il carattere dei più grandicelli, la grinta e l’esperienza dei veterani hanno ora l’arduo compito di fare la differenza, in positivo logicamente, riportando calma e serenità nello spogliatoio. Consapevolezza nei propri mezzi, voglia di rivincita, ardore agonistico! Una prova di maturità, potremmo definirla tale la partita che ci vedrà protagonisti domenica pomeriggio sul prato di Piazzale Prampolini. Gli sforzi ed i sacrifici di una settimana di intenso e duro lavoro in allenamento sembrano dissolversi di fronte ad un rigore negato, ad una direzione di gara scandalosa, ad un’altra presa in giro. Perfino la freddezza dei più glaciali avverte nervosismo per un nuovo fallo inesistente fischiato a favore degli avversari, un fuorigioco evidente non sbandierato, una rete subita su azione viziata da posizione irregolare e fallo di mano come un “muro a rete”. Ma l’obiettivo da centrare non permette distrazioni, soprattutto nei cosiddetti scontri diretti!

E proprio per questo motivo, davanti alle insidie ed alle difficoltà che sembrano essere insormontabili, assume valore aggiunto il sostegno alla squadra da parte degli ultras. Ed allora ecco che anche i gradoni dello Stadio Francioni vedranno i colori rossoblu e sentiranno le costanti dichiarazioni di amore e fedeltà di questo manipolo di fratelli che condividono le proprie emozioni sotto un’unica bandiera. Questa ciurma di coerenti che non smetterà mai di seguire il proprio istinto ma che non accetta assolutamente le accuse infamanti che vengono fuori dalle disposizioni disciplinari ufficializzate giovedì dalla premiata ditta D’Apostoli&Pettirossi sotto l’egida del sempre più generoso Zarelli. Roba da effetti speciali degni di Armageddon la fantasia scellerata di Riccardo da Frattamaggiore che ha visto “lancio di sassi al suo indirizzo”, “calci e pugni contro la porta del suo spogliatoio”, un assedio all’uscita dallo stadio tanto da farsi scortare fino ad una fantomatica stazione ferroviaria quando invece la sua autovettura risultava tranquillamente parcheggiata in Via Gobetti a non più di 150 metri dalla doccia dell’Arnale Rosso.

Una piccola grande famiglia quella degli Old Fans che scende in campo ogni volta al fianco della squadra indossando la maglia numero dodici, per spingere a superare ogni barriera ed ostacolo, e che non sorvolerà sull’accaduto. E presto lo scoprirete anche voi… una minaccia? Macché, semmai una promessa, per te caro Melchiorre… Ma ora proiettiamo la concentrazione sulla trasferta di Latina, per andarci a riprendere ciò che meritiamo. I venti contrari sembrano essere sospinti dal fiato di Polifemo ma noi siamo pronti più che mai ad altri 100 minuti di incitamento. Come sempre d’altronde, senza tentennamenti. Come domenica scorsa e come domenica prossima! Per Fondi, per la maglia, per difendere la categoria! Dimentichiamo tutto il resto, non cerchiamo alibi, dobbiamo esserci e poco importa se quel che ci stanno dedicando è un trattamento semplicemente vergognoso. Dalle 14 alle 17 pensiamo solo ad annientare l’avversario e conquistare la vittoria! Carica ragazzi, carica!

Naughty Nineties

"NAUGHTY NINETIES"

Negli anni ’90 il football si è reinventato. Come spiegato nell’articolata introduzione di Irvine Welsh, il tradizionale tifo working-class è stato sfrattato introducendo biglietti dai prezzi sempre più esorbitanti, con la fame di denaro a spazzar via la passione, e i nuovi tifosi visti solo come clienti da spennare. Grazie a un nuovo clima repressivo, stadi con soli posti a sedere e onnipresenti telecamere gli hooligans erano ormai scomparsi, o quantomeno così la cercavano di raccontare polizia, politici e media. Avevano ragione? No!
Il libro, scritto con humour sagace e forte autoironia, illustra come le masse di hooligans tipiche degli anni ’70 e ’80 siano di fatto svanite nel nulla, ma anche come il testimone sia passato a una minoranza, in grado di rivelarsi molto più organizzata, decisamente più pericolosa. Ecco la scena degli anni ’90, ripercorsa con capitoli interamente dedicati a firms con le quali si sono confrontati i “lads” del Chelsea sopravvissuti al progresso dorato, talora ricostruendo scie di scontri protrattesi nel corso degli anni (con anche alcuni episodi antecedenti agli anni ’90), a volte focalizzando nel dettaglio un determinato episodio. Gli Yids del Tottenham, e il loro famoso attacco al pub Ifield nel cuore delle retrovie Chelsea; l’agguato alla Blades Business Crew dello Sheff Utd a Camden e il successivo attacco nella metro; una visita da ospite neutrale al derby di Manchester in casa dello United; i Gooners dell’Arsenal, con spedizioni a Highbury e famosi scontri a Stamford Bridge, compreso “L’anno della vernice gialla”; la ICF, con due esperienze da spettatore neutrale in occasione di incontri fra West Ham e Millwall, al Den e a Upton Park, oltre a Parsons Green, il punto di svolta negli equilibri fra Headhunters e ICF. I Millwall, quelli che nessuno ama, e nella fattispecie la sfida di FA Cup al Den e la successiva ripetizione a campi invertiti. I Boro. La finale di FA Cup contro il Man U. La Baby Squad del Leicester, la firm più odiata dai Chelsea negli anni ’90. E infine due campagne in Europa.


Arancia Meccanica

ARANCIA MECCANICA
di Stanley Kubrick
1971

Nell’Inghilterra di un imprecisato futuro, Alex è il capo dei Drughi, una banda di ragazzi che trascorrono le notti a rapinare e torturare persone nelle loro case, a pestare barboni e a scatenare feroci lotte con bande rivali. Alex vive con i genitori, ed è seguito da un cinico Ispettore Giudiziario Minorile che controlla disperatamente le sue mosse. Due le cose che adora: l’esercizio dell’amata ultraviolenza e Beethoven, che chiama affettuosamente «Ludovico Van».
Una sera organizza una rapina con i suoi Drughi nella casa di un’eccentrica collezionista d’arte, ma la donna si difende, e Alex la uccide. Tradito dai compagni, finirà il prigione, condannato per omicidio. Lì viene a conoscenza dell’iniziativa del nuovo Governo in carica, che promette scarcerazione immediata a patto che ci si sottoponga ad un innovativo programma di "rieducazione", il Programma Ludovico. Senza fare troppe domande accetta tutte le condizioni e viene trasferito in un luogo popolato di medici in cui viene costretto a vedere scene di violenza su uno schermo, mentre gli effetti di una sostanza iniettata poco prima cominciano a fargli provare un dolore fortissimo ed una sensazione di «morte da soffocamento», come puntualizza il conduttore dell’esperimento. In questo modo, nel giro di due settimane viene completamente condizionato a provare quella stessa sensazione di soffocamento e dolore di fronte a qualsiasi stimolo evocato nei film che aveva visto: violenza, sesso e la Nona Sinfonia di Beethoven.

Alex viene quindi liberato ed il Governo esalta il Programma Ludovico, salutandolo come soluzione ai problemi della criminalità violenta e del conseguente affollamento delle prigioni. Ma Alex non ha cambiato la sua natura: è semplicemente condizionato, prova nausea e dolore quando tenta anche solo di reagire ad una violenza, e si ritrova in una società estranea: i genitori hanno affittato la sua stanza, i suoi vecchi compagni sono diventati poliziotti («per dei vecchi Drughi come noi, il lavoro più adatto è questo»), e le sue vittime si vendicano. Al centro ormai di un caso politico, trasformato nella classica vittima perfetta, incapace di esercitare il libero arbitrio, lo sfortunato Alex dopo essere stato umiliato dai suoi vecchi "drughi" bussa alla porta dello scrittore torturato da lui stesso anni prima. Egli avendo capito chi si era presentato alla sua porta chiama dei cospiratori politici che pongono al giovane ex capo drugo delle domande per far cadere il governo attuale e dopo aver avuto le risposte desiderate lo inducono al suicidio attraverso la tanto amata Nona Sinfonia.

Malconcio, e di nuovo tra i medici, si risveglia da un sonno profondo nel quale, si lascia intendere, qualcuno ha tentato di de-condizionarlo («quand’ero tutto a pezzi, mezzo sveglio e inconscio, quasi… facevo quel sogno, sempre: tutti questi dottori che pasticciavano pensosi con il mio Gulliver, il mio cervello…»). Riceve la visita del Ministro dell’Interno che, preoccupato per lo scandalo causato dalla sua storia, si assicura che il ragazzo stia dalla sua parte. Alex torna così a promettere, ad accettare tutte le condizioni, stringe la mano al Potere e viene colto da una visione: di nuovo sesso, di nuovo la sua adorata Nona e, stavolta, una Società che lo approva.

GIUDIZIO:…quando si parla di Stanley Kubrick dovremmo toglierci il cappello e rendergli onore per ciò che ha saputo trasmettere attraverso le sue pellicole! Stupendo film che non va poi così lontano dal prevedere cosa succederà in un ipotetico futuro! Ciò che colpisce è lo strano modo di parlare del protagonista, a metà tra il cockney e il russo, e non dispiace neppure l’ambientazione un pò stravagante! Vederlo oggi, nel 2006, non provoca più l’effetto di una volta e non c’è bisogno nemmeno della censura di alcune scene crude! Peccato non averlo potuto guardare all’uscita nelle sale nel 1971 per ovvi motivi anagrafici! Un film che ha lasciato il segno anche nel panorama ultras italiano: dagli Ultras Tito Sampdoria ai Drughi Juventus, fino ad arrivare nelle categorie minori!

VOTO:9…oggi offro io…Latte+ per tutti!!!


Erasmo Iacovone

UNO di NOI

Inauguriamo una nuova rubrica dedicata a chi ancora oggi vive nel cuore di noi ultras. A chi, con il proprio originale modo di fare, anticonformista e controcorrente, è riuscito a farsi amare da chi "non ha giocatori" ed ama solo la maglia. Sono pochi, molto pochi coloro che sono entrati nelle grazie di chi occupa i gradoni dei settori più caldi di uno stadio! Difficile farsi amare, eppure alcuni ci sono riusciti! Lo hanno fatto senza premeditazioni, spesso attirando su se stessi i giudizi poco edificanti della stampa e dei moralisti; lo hanno fatto rendendosi portabandiera del pensiero non conforme…ed è proprio ciò che li ha resi inevitabilmente degli idoli agli occhi dei propri sostenitori. Potrei citarne alcuni, ma poi, vederli sulle pagine di questo blog non sarebbe più una lieta sorpresa. Campioni in campo e fuori, eccentrici e non, ma che sicuramente hanno lasciato un segno, un marchio indelebile nelle menti di tutti noi. Giocatori che chiunque condivide i valori ultras vorrebbe nella propria squadra. Quella pedina fondamentale che fà parlare di se anche quando non va in gol, colui che dopo una rete corre ad abbracciare simbolicamente un’intera curva di cuori palpitanti, colui che sarà per sempre…UNO DI NOI!

Erasmo Iacovone

Erasmo Iacovone nasce il 22 aprile ’52 a Capracotta in provincia di Isernia e in età precoce dimostra già tutto il suo valore sull’erba dei campi di calcio.



Cresciuto nell’OMI Roma, debuttò in Serie D a 19 anni. Nel novembre del 1972 passò alla Triestina in Serie C, ma non ebbe un grande successo: solo 13 presenze e senza reti nel capoluogo friulano. Fu nella stagione successiva, ritornato in Serie D nelle file del Carpi, che il bomber uscì dal bozzolo, trascinando la squadra verso la promozione in Serie C. Le 13 reti messe a segno in 32 partite, gli valsero l’ingaggio nel Mantova in Serie C. Di statura media, fisicamente forte e dotato di buoni fondamentali, possedeva un buon senso del goal ed un ottimo colpo di testa. Segnò 24 reti in 72 partite nel Mantova, che gli valsero l’ingaggio in Serie B della società del Taranto nel novembre del 1976. A Taranto divenne presto molto famoso ed acclamato. Venne ingaggiato con un somma pari a 400.000.000 di lire e con i suoi numerosi gol fece accarezzare alla squadra e alla città il sogno di giocare, per la prima volta nella storia della società, nella massima serie del campionato italiano. In breve tempo divenne un "mito" per tifosi e cittadini. Segnò 8 volte in 27 partite nella prima stagione, e stava raggiungendo una promettente maturità, quando una tragedia lo fermò mentre era capocannoniere del torneo cadetto con 9 gol (nessuno su rigore), e si diceva che la Fiorentina si stesse interessando a lui.

Il giocatore infatti perì tragicamente alle ore 00.40 di lunedì 6 febbraio 1978 per un incidente stradale: nell’attraversare un incrocio alla guida della sua Cytoen Dyane, fu speronato da un’autovettura che procedeva a fari spenti guidata da Marcello Friuli, appena rubata e per questo inseguita da una volante della Polizia. L’impatto sbalzò il calciatore fuori dall’abitacolo e ne provocò la morte, mentre il Friuli riportò solo qualche lesione. Aveva 26 anni e lasciò vedova la moglie Paola, con cui si era sposato solo da sette mesi e dalla quale aspettava un bambino.

I funerali si svolsero martedì 7 febbraio, prima nella chiesa di San Roberto Bellarmino e poi all’interno del vecchio Stadio "Salinella", che aveva consacrato Iacovone a vero beniamino della tifoseria rosso-blu. Furono due ore di commozione intensa, un ultimo omaggio affettuoso e straziante. Furono calcolate 40.000 presenze allo stadio, nonostante il giorno feriale e la pioggia che cadeva copiosa su Taranto. Nelle parole del presidente Giovanni Fico, l’impegno in un ultimo gesto: «Perdonaci Erasmo. Considero tutti i miei giocatori come figli, e tu eri il migliore. Il cielo ha voluto sottrarti a noi, ma tu rimarrai sempre vivo nel nostro cuore. In questo momento esprimo l’impegno a far intitolare al tuo nome questo stadio.». Così avvenne.

Indimenticabile il suo stile di uomo e di calciatore, ben diverso da quello di tanti atleti famosi: persona schiva, amava la serenità delle mura domestiche. Il suo stacco impetuoso ed il suo "infallibile" colpo di testa rimarranno per sempre nella memoria di chi lo vide giocare. Ancora oggi il suo nome è ricordato con amarezza nella città che gli ha dedicato anche un monumento realizzato dallo scultore Francesco Trani ed inaugurato il 20 ottobre del 2002 nella piazza antistante lo stadio.


Finché Vivrò #6

Finché vivrò…

"E siamo a 6!"…e per l’occasione vi regaliamo una copertina libidinosa! In questo numero: il resoconto di Fondi-Colleferro; la prima puntata della nuova rubrica "Fondi siamo noi", con l’intervista dei nostri inviati speciali ad Egidio Faiola; la trasferta di Gallicano nel Lazio contro la Vis Artena; risultati, classifica e le foto più emozionanti delle ultime gare.

Anno IV – Sesto Atto

Et ventis adversis

Contro le direzioni arbitrali scandalose, contro le condizioni climatiche proibitive, contro superstizioni e cabala, contro pali e traverse, contro goal mangiati e svarioni clamorosi, contro tutto e tutti… Fondi! Ed immagina il nome della tua città rimbombare nel silenzio surreale di un bosco, tra le colline di un paesino qualunque, che per arrivarci ti sei affidato ai ricordi annebbiati di Capaldo. Immagina un sintetico sbucare dal nulla, una strada talmente stretta che un semaforo sta lì per decidere chi far marciare, le pietre umide ed il fischio del direttore di gara ad accoglierti. Anche oggi sei presente, come sempre, in prima linea! E nonostante la partenza in leggero ritardo appendi lo striscione quando la partita è iniziata solo da tre minuti. Ti prepari, sgrani la voce, un sorso di birra, una sigaretta ed inizi a dare spettacolo. Il panino divorato in macchina non ti è bastato per niente ma tiri avanti, ora non c’è tempo di pensare a pranzare, a rifocillarti ci penserai tra quaranta minuti. Il diluvio universale che dalla sveglia ti tiene compagnia tutto ad un tratto svanisce nel nulla, qualcuno lassù ti ama e ti grazia, almeno stavolta. Gallicano nel Lazio ascolta la tua voce unirsi a quelle dei tuoi compagni di viaggio, la VisArtena gioca in quattordici ma noi siamo in dodici pure oggi pomeriggio.

Scorre via un primo tempo senza particolari patemi, fermo restando che un paio di occasioni per squadra vanno a riempire il tabellino degli addetti ai lavori. Quelli di casa per così dire, perché dalle nostre parti nemmeno oggi si vede arrivare nessuno. La Seicento bianca col cuore rosso finisce ancora tra gli oggetti smarriti e Robertino dimentica pure di sporgere denuncia. La ripresa invece offre ben altro. Quattro reti, continui capovolgimenti di fronte, agonismo, voglia di successo da una parte e dall’altra. E soprattutto decisioni assurde della simpatica triade fosforescente! Cappellate su cappellate, troppe, compensazioni che non fanno altro che aumentare il nervosismo in campo e sulle panchine, cartellini distribuiti a sproposito quando non se ne avvertiva la necessità e tenuti gelosamente nel taschino quando invece il gioco iniziava a farsi duro. Tale Pompilio, per alcuni quotidiani proveniente dalla Sezione di Latina per altri fiore all’occhiello della Combriccola di Albano, dirige l’orchestra dell’incompetenza. Sembra il gemello del partenopeo che diresse la sfida col Gaeta, ed il guardalinee con cui abbiamo scambiato battute per tutto il secondo tempo non può non essere il fratello maggiore del trasandato amicone incontrato sulla linea bianca all’Urbetevere nella gara con l’ImperoRomano. Peccato però che il vero protagonista della frittata gallicanese sia dall’altra parte del campo, e per sua fortuna non ci si arriva in nessun modo se non con un’invasione.

La squadra dà l’impressione di poter giostrare tranquillamente il pallone, gli avversari non sembrano in grado di impensierire più di tanto la porta difesa da Assogna. Un salvataggio sulla linea di porta su colpo di testa di Monforte ed un miracoloso intervento dell’estremo difensore avversario sull’onnipresente Langiotti ci avevano già costretti ad andare a riposo sul risultato ad occhiali. Ed il secondo tempo, invece di aprirlo di nuovo noi alla ricerca del goal, lo interpreta meglio la VisArtena, nella prima mezz’ora almeno. Ci prova, inizia a crederci, lotta su ogni pallone e, complice la terna arbitrale in totale confusione, sigla la rete del vantaggio. Il fuorigioco è evidente, SteveeWonder lo avrebbe sbandierato senza pensarci un attimo! Tocca rimboccarsi le maniche ed andare a riprendere la partita. Detto fatto: punizione dai venti metri, Serapiglia tocca per Monforte, la sfera va ad infilarsi nell’angolo basso alla sinistra del “cucciuso”, è 1-1, e siamo noi oggi a riempire d’acqua i ragazzi in campo. Ora la vinciamo? E no, è qui che la squadra probabilmente commette l’errore della domenica. Non osa, almeno non dà l’impressione di farlo, ed i padroni di casa non tirano i remi in barca. Campanile, batti e ribatti, palla crossata al centro della nostra area di rigore, baker, alzata e schiacciata alla Giani: siamo di nuovo sotto. Un altro errore imperdonabile, più di qualcuno perde la pazienza. Ciarlone spedito anzitempo negli spogliatoi, panchina a stento tenuta a bada da un Sergio mai visto così diplomatico! Ma non finisce qui… lo senti, respiri nell’aria il sapore della rimonta.

Spregiudicato! Il Fondi non vuole tornarsene a bocca asciutta, dentro Varroni e Pasquali, fuori Vuolo e DiBiasio, quest’ultimo leggermente acciaccato. La difesa passa a tre, Pelliccia, Monforte e DiFazio. Serapiglia e Pasquali in linea mediana, Langiotti sulla corsia di destra, Gisfredo a sinistra, Fiore alle spalle di Paolella e Varroni. Zemanlandia azzarda qualcuno, ed a noi non dispiace sicuramente! VisArtena alle corde, rossoblu come leoni affamati a rincorrere gli avversari, pressing altissimo, recuperi e dialoghi stretti per far valere il tasso tecnico differente. Quindici minuti di assedio alla porta rossoverde, mischie furibonde, dalla bandierina spiovono al centro dell’area avversaria palloni interessanti ma la sfortuna sembra voler primeggiare. Langiotti si presenta a tu per tu con il numero uno di casa ma il suo elegante pallonetto finisce sulla parte alta della rete, ma il goal è nell’aria, continui a sentirne l’odore, il suo sapore inconfondibile. Uno, due, tre, quattro, cinque sensi, tutti all’arrembaggio, vuoi pareggiare! E ce la farai! Punizioni dalla trequarti e sciabolate dal limite dell’area, ci proviamo in tutti i modi. C’è però un giocatore che deve farsi perdonare la leggerezza di qualche giro di lancetta fa… e lo fa come fanno i grandi. Una respinta della difesa, la sfera è lì, davanti a lui, poco fuori dalla mezzaluna dell’area di rigore avversaria. Stoppa, alza lo sguardo, prende la mira, tiro imparabile. Rete che si gonfia! Pareggio, 2-2! Quello che succede è deliziosamente stupendo, squadra appesa alla rete a prendere il nostro abbraccio, qualcuno decide di anticipare i tempi e finisce in campo a mimetizzarsi tra le maglie rossoblu, guardalinee coinvolto nella festa ed a bagnare il tutto non più acqua ma addirittura l’ultima birra rimasta. Chi se ne frega se rimarremo a secco fino al primo barretto di Valmontone. Noi non conosciamo ostacoli, non temiamo le tempeste… avanti Old Fans, “anche coi venti contrari” come direbbe Gabriele.

Congratulazioni

"CONGRATULAZIONI"

Molto calcio, siamo inglesi, molti calci, siamo l’I.C.F. (InterCity Firm)… Firm, in italiano ditta. InterCity Firm, tradotto letteralmente, la ditta dell’Intercity, un nome da discreta compagnia di servizi ferroviari. Eppure gli onorati soci di questa ditta non vestivano tute fosforescenti e non correvano frenetici lungo le banchine. O meglio, lo facevano, ma in genere si trattava di inseguimenti, risse furibonde e duelli all’arma bianca. Ora, passata la tempesta dei vent’anni, questi corpulenti e "segnati" lord britannici si occupano di attività del tutto legali. Fedeli al detto che <<se non hai avuto una gioventù bruciata hai bruciato la tua gioventù>>, hanno rappresentato per una decina d’anni il peggior incubo delle altre tifoserie inglesi, dei tutori dell’ordine e, incredibile ma vero, anche della granitica first lady Margaret Thatcher. L’I.C.F. era l’incontrollabile gruppo di hooligans al seguito del West Ham United (una delle più blasonate squadre londinesi). Cass Pennant, enorme nero londinese, ne è uno dei membri originari e più rispettati. Ora  scrive per giornali e cinema e ha deciso di raccontare la sua storia e di un gruppo ristretto di amici, i fondatori e le guide spirituali di questa organizzata e solidissima armata.Un coro sincero che canta la leggenda nata alla fine degli anni Settanta, un gruppo di autoconvocati, di fuoriusciti stufi di lotte intestine e di gelosie tra "mob", tra bande di tifosi dello stesso club. Il West Ham è la squadra più proletaria di Londra, la squadra del popoloso e violento East End. Bill Gardner, Big Ted, Andy Swallow, "Animal" Ikoli e molti altri sono stati per anni i soci più fedeli e decisi sostenitori: migliaia di ragazzini inglesi si sono ispirati alle gesta di questi guerrieri degli spalti. Un gruppo con una scala gerarchica, con una sezione giovanile (la temuta Under Fives Posse) e regolari biglietti da visita che lasciavano ai doloranti e feriti tifosi avversari dopo gli scontri. Semplici biglietti rettangolari con una scritta a caratteri cubitali: <<Congratulazioni – Hai appena incontrato la I.C.F.>>.

Col coltello
tra i denti…

Stesso identico risultato del mercoledì ed arrivano altri tre punti pesantissimi. Stavolta a lasciarci le penne è il povero Colleferro, ed ironia della sorte in ventiquattro ore diventiamo causa dell’esonero di due allenatori: Pagliarini appunto, giunto alla sesta sconfitta consecutiva in campionato proprio a Fondi, e Ghirotto, che col Gaeta non riesce a rimediare, nella partita con la VisArtena giocatasi al Riciniello, il brutto pomeriggio del 1° Novembre. Classifica che inizia ad essere soddisfacente, vetta lontanissima sì, col Frascati che naviga a vele spiegate verso la promozione in D, ma allo stesso tempo zona calda che si allontana alle nostre spalle. Ben dieci punti nelle ultime quattro giornate di campionato per un ruolino di marcia da protagonista assoluta, e la squadra acquista consapevolezza nei propri mezzi, fiducia dell’ambiente, entusiasmo e morale che fanno sempre bene e, ripetiamo, per una rosa relativamente giovane rappresentano il valore aggiunto. La forza di una formazione quadrata, che bada al concreto, nella quale stanno crescendo ragazzi di belle speranze al fianco di giocatori più esperti. A far da collante la voglia di emergere, di tirarsi fuori definitivamente dalle sabbie mobili, di dimostrare che il Fondi non deve guardarsi alle spalle ma intimorire le squadre che al momento la precedono in graduatoria.

Ed è così che la stagione, anche senza particolari prospettive, consci che l’obiettivo da centrare è la permanenza nella categoria, può diventare intrigante e può regalare soddisfazioni e gioie al pubblico. Di certo stimola maggiormente lottare per conquistare una meta piuttosto che galleggiare nel limbo del settimo-ottavo posto senza possibilità di vittoria finale attendendo come una lunga agonia la fine del campionato, come è successo lo scorso anno. Molto più emozionante farsi 100 minuti sott’acqua, come accaduto per la prima a Velletri, ed applaudire la squadra per la conquista di un punto. Molto più stimolante aggrapparsi alla rete di Anitrella per spingere ancor di più i ragazzi in campo verso una vittoria che varrebbe doppio. Molto interessante sapere di dover affrontare ogni partita come una finale intercontinentale. Un peso per chi indossa la maglia? Assolutamente no, crediamo proprio di no. Semmai un carico di responsabilità che aiuta a tenere alta la concentrazione, a non sottovalutare nessun avversario, a cercare sempre il bottino pieno. Come dovrà avvenire domenica pomeriggio a Gallicano nel Lazio, in quel campo “Vignaccia” dove affronteremo la VisArtena, in uno scontro diretto che abbiamo il dovere di provare a vincere, nonostante la formazione rossoverde al momento sia attardata di diversi punti in classifica rispetto al Fondi.

Letto bene, letto bene, la notizia del giorno è la variazione del campo di gioco e del fischio d’inizio per la gara contro Oppedisano e compagni. Buona novella per qualcuno, maledetta per altri, l’importante era comunicarvela per evitare scuse banali e facili alibi. Trasferta che si allungherà di qualche kilometro rispetto al dovuto ma poco importa, ad allietare il viaggio alcune sorprese annunciate già dai rispettivi promotori. Una squadra, la VisArtena, da prendere con le molle, perché probabilmente decisa a fare risultato pieno per rilanciarsi in classifica. Partita che precederà l’importante match casalingo con il lanciatissimo Cynthia e l’inedito pomeriggio al Francioni di Latina per l’incontro con la Viribus. Formazione, quella di Bindi, che ha messo a segno due colpi importanti di mercato accaparrandosi le prestazioni di due bomber di razza come Simeoli, proveniente dall’AnzioLavinio, e Ciccarelli, già da qualche settimana a disposizione del neo allenatore dopo il divorzio con l’Aprilia. Un trittico niente male, dunque, da affrontare con la massima umiltà ma a testa alta, senza alcun timore reverenziale, come fatto in questo ultimo mese di torneo. Col coltello tra i denti, appunto.

Di buon auspicio il ritorno in campo dell’enfant prodige Stefano Fiore, subito in goal con una bellissima conclusione ad incrociare sotto il sette opposto, in crescita costante Gisfredo e Paolella, la solita difesa rocciosa ed un centrocampo che inizia a fare la differenza, considerato che nella partita col Colleferro è stato il settore centrale a regalare maggiori soddisfazioni anche in virtù del fatto che dall’altra parte della barricata c’erano giocatori di un certo spessore, su tutti il capitano Matrigiani. Rossoneri che hanno trovato la rete della bandiera con il folletto Graziani, subentrato solo a pochi minuti dal termine ed in poche giocate resosi subito pericoloso. Splendido il movimento con cui s’è guadagnato il penalty che ha poi freddamente realizzato infilando l’incolpevole Assogna. E signorile il gesto di Ciccio: non esultare per rispetto alla sua ex squadra ed ai suoi ex tifosi che in lui hanno visto sempre un grande professionista ed un grande uomo. Il triplice fischio della giacchetta nera è in agguato ed arriva inesorabile, Pagliarini prepara le valigie, noi festeggiamo per il decimo punto ottenuto nelle ultime quattro giornate di campionato, la classifica ora dice 12, l’applauso per la squadra ci sta tutto ma i ragazzi escono dal campo un po’ sottotono. Qualcuno ci resta anche maluccio, beh, dopo il party di fine gara di mercoledì pomeriggio c’aspettavamo almeno un abbraccio ideale, ma ci sarà modo di recuperare. Perché “fin quando la squadra scenderà in campo con la stessa determinazione e voglia di vincere messa in mostra oggi di feste ne faremo tante altre ancora, tranquilli!”.

Per stavolta accontentiamoci delle braccia tese e dei “battiti di mane” al cielo mentre si rientra negli spogliatoi, dell’acqua delle borracce c’eravamo subito innamorati ma vorrà dire che l’attesa moltiplicherà il desiderio. Ora gargarismi e remate, ospitate speciali e brindisi del week-end, notti insonni e “stonc a cas d’n’amic mij a vedè ‘nu film”, fegati spappolati e “stonc a cas d’n’amic mij a giucà alla playstation”, ma domenica puntuali. Ci tocca una nuova trasferta, altre risate, altro divertimento, altri litri di sudore e passione da donare al nostro unico grande amore. Dimmi tu se non lo è!

1a Puntata

Fondi siamo noi  1a puntata

…ai veri fondani battiamo le mani! E battiamole ancora più forte per l’esordio di questa nuova rubrica, a cadenza quindicinale, che troverà spazio sul nostro blog e sulla fanzine in distribuzione all’Arnale Rosso in occasione di ogni gara casalinga. Un modo originale per approfondire la conoscenza del calcio locale, per ascoltare dai protagonisti la storia fondana, una sorta di mini intervista che rivolgeremo alle figure più importanti dell’ambiente sportivo cittadino. Ed allora aneddoti, momenti indimenticabili, opinioni e riflessioni. Spaziando a tutto campo, senza tralasciare il minimo particolare. Curiosità, ricordi piacevoli e meno piacevoli, senza mezzi termini, a cuore aperto. E per tagliare il nastro di questa nuova e bella avventura abbiamo scelto l’Almanacco per eccellenza, il più bianconero di Fondi, il mitico Egidio Faiola. A lui l’onore di far debuttare “Fondi siamo noi!”. Per lui le domande dei nostri inviati speciali…

Zioggè, non ti vediamo più allo stadio come una volta, perché? Ho perso l’ardore di un tempo, per vari motivi. Il Fondi però è sempre la squadra del mio cuore, della mia città, anche se la vita mi costringe a non poter dedicare tempo come una volta al seguito della mia passione.

Nella tua vita sei anche stato commentatore ed hai scritto molto sul calcio fondano, cosa pensi di coloro che oggi scrivono e parlano di pallone? Devi vivere il calcio per scriverne: se non sei professore non puoi impartire lezioni agli alunni! Oggi siamo a corto anche di professori, e questo è un aspetto preoccupante anche per i giovani, figuriamoci di penne.

Eri uno dei suo migliori amici, come ti piace ricordare Antonio? Mi piace ricordarlo sorridente, un ragazzo che ha dedicato la sua vita allo sport ed agli amici. Amo definirlo un gigante buono. Anche se non tutti lo hanno amato, sbeffeggiandolo e deridendolo, non aiutandolo a superare i suoi problemi, è una figura che manca tantissimo alla città. Un pezzo di noi stessi andato via per sempre.

Nella tua vita hai seguito migliaia di partite, degli sport più diversi, quale il ricordo indelebile? Molti, ma se proprio devo scegliere la prima promozione in Serie D (’59-’60), dopo che l’anno precedente fummo beffati dal Terracina per un solo punto (in campo Ceriani, Bergamini, DelSette, Lippa, Tandari, Velletri, Sorci, Arezzini, Sasso, Greatti, Pantano) e lo spareggio di Gaeta tra HC Fondi e Forze Armate (’79-‘80) conclusosi solo ai supplementari con la pallamano rossoblu per la prima volta promossa in Serie A1.

Un episodio particolare? Raccontacelo a modo tuo… L’invasione di campo durante Fondi-Benevento (’62-’63). Partita recuperata dallo 0-2, ed il pubblico che sbotta quando dopo la rete del 2-2 l’arbitro DiBenedetto (per diversi anni assistente del grande Concetto LoBello) assegna un rigore inesistente al Benevento. Oltre tremila spettatori al Fabiani, arbitro picchiato e salvato solo dal buonsenso dei giocatori fondani. 4 mesi di squalifica al campo e Fondi che terminerà la stagione retrocedendo.

Fondi-Latina 2-4, c’eri, te la ricordi? C’ero eccome, all’epoca ero assistente massaggiatore, e quella partita per me resterà sempre un mistero. Ricordo che qualche settimana prima fu stranamente esonerato l’allenatore Berardo e promosso in prima squadra DeLucia, mister della Juniores. Squadra disunita, giocatori che litigavano sempre e addio C2!

La tua opinione sullo stato attuale del calcio fondano? Periodo tutt’altro che brillante. Raso e Campobasso uniche note positive, visto che dopo i vari Minieri, Dionisio e Faiola non c’è stato un vero ricambio generazionale. Per quanto riguarda le ambizioni della prima squadra dobbiamo aspettare tempi migliori, ma facciamolo fiduciosi.

La nascita di tante altre società può essere un vantaggio per lo sport cittadino o si rischia la dispersione delle forze da poter mettere in campo? Per i ragazzi è un aspetto positivo, essendoci più società e quindi "alternative" i giovani vengono maggiormente coinvolti e così avvicinati allo sport ed allontanati dai pericoli della strada. Allo stesso tempo è uno svantaggio perché non si tratta almeno per ora di società satelliti della prima squadra bensì di sodalizi distinti e comunque sembra senza particolari ambizioni. Per il momento almeno.

I talenti del calcio nostrano? Parlacene… Numerosi, ma tanti altri persisi per strada. FrancoRaso negli anni ’60, il quartetto AntonioParasmo, BrunoSepe, AntonioRosati e SergioZannella  finiti al Napoli negli anni ’70, AndreaConte, passato anche per Milan e Palermo, Enzo e soprattutto AndreaCarnevale (’80), venduto al Latina per tre milioni di lire e quindici paia di scarpe. PieroParisella prima e MassimoCaporiccio poi, entrambi alla Fiorentina, MatteoIannitti e MarcoFaiola, alla LazioPrimavera, GiorgioMinieri ed EneaDionisio dei giorni nostri, oggi al Poggibonsi ed alla Nocerina.

Fondi in Serie D o la tua Juve in Serie A? Scegli… Non ho dubbi, Fondi in D, è la mia città, ci sono nato e cresciuto. La Juve è il secondo amore sì, ma ce n’è sempre uno che viene prima, ed il primo non si scorda mai.

Città lontana dalle vicende calcistiche, c’è un motivo preciso secondo te? Il pubblico fondano è da sempre molto esigente. Annate come questa sono difficili, inevitabilmente ne risente anche la piazza, anche se è proprio in questi momenti che c’è bisogno di maggiore calore per la squadra. A fare il resto ci pensano le televisioni, la sfiducia nel calcio dopo gli scandali, lo stadio tutt’altro che accogliente.

Ultima domanda, speciale: ci sveli il motivo del tuo soprannome? Solo perché siete voi a chiedermelo: 1948, sono il ragazzo di bottega della Barberia di Gigi Martellucci. Un cliente apre il Corriere dello Sport, è luglio e si sta correndo il Tour de France. Foto grande di FaustoCoppi con Rayban a goccia e stupore, mi costringono ad indossare un paio di occhiali e la somiglianza è innegabile. Un piccolo Coppi appunto…

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Grazie Zioggè, la tua simpatia contagiosa e le tue risposte sono il miglior antidoto per far riscoprire ai giovani d’oggi l’amore per la squadra della propria città e la passione per lo sport come palestra di vita.