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Naughty Nineties

"NAUGHTY NINETIES"

Negli anni ’90 il football si è reinventato. Come spiegato nell’articolata introduzione di Irvine Welsh, il tradizionale tifo working-class è stato sfrattato introducendo biglietti dai prezzi sempre più esorbitanti, con la fame di denaro a spazzar via la passione, e i nuovi tifosi visti solo come clienti da spennare. Grazie a un nuovo clima repressivo, stadi con soli posti a sedere e onnipresenti telecamere gli hooligans erano ormai scomparsi, o quantomeno così la cercavano di raccontare polizia, politici e media. Avevano ragione? No!
Il libro, scritto con humour sagace e forte autoironia, illustra come le masse di hooligans tipiche degli anni ’70 e ’80 siano di fatto svanite nel nulla, ma anche come il testimone sia passato a una minoranza, in grado di rivelarsi molto più organizzata, decisamente più pericolosa. Ecco la scena degli anni ’90, ripercorsa con capitoli interamente dedicati a firms con le quali si sono confrontati i “lads” del Chelsea sopravvissuti al progresso dorato, talora ricostruendo scie di scontri protrattesi nel corso degli anni (con anche alcuni episodi antecedenti agli anni ’90), a volte focalizzando nel dettaglio un determinato episodio. Gli Yids del Tottenham, e il loro famoso attacco al pub Ifield nel cuore delle retrovie Chelsea; l’agguato alla Blades Business Crew dello Sheff Utd a Camden e il successivo attacco nella metro; una visita da ospite neutrale al derby di Manchester in casa dello United; i Gooners dell’Arsenal, con spedizioni a Highbury e famosi scontri a Stamford Bridge, compreso “L’anno della vernice gialla”; la ICF, con due esperienze da spettatore neutrale in occasione di incontri fra West Ham e Millwall, al Den e a Upton Park, oltre a Parsons Green, il punto di svolta negli equilibri fra Headhunters e ICF. I Millwall, quelli che nessuno ama, e nella fattispecie la sfida di FA Cup al Den e la successiva ripetizione a campi invertiti. I Boro. La finale di FA Cup contro il Man U. La Baby Squad del Leicester, la firm più odiata dai Chelsea negli anni ’90. E infine due campagne in Europa.


Congratulazioni

"CONGRATULAZIONI"

Molto calcio, siamo inglesi, molti calci, siamo l’I.C.F. (InterCity Firm)… Firm, in italiano ditta. InterCity Firm, tradotto letteralmente, la ditta dell’Intercity, un nome da discreta compagnia di servizi ferroviari. Eppure gli onorati soci di questa ditta non vestivano tute fosforescenti e non correvano frenetici lungo le banchine. O meglio, lo facevano, ma in genere si trattava di inseguimenti, risse furibonde e duelli all’arma bianca. Ora, passata la tempesta dei vent’anni, questi corpulenti e "segnati" lord britannici si occupano di attività del tutto legali. Fedeli al detto che <<se non hai avuto una gioventù bruciata hai bruciato la tua gioventù>>, hanno rappresentato per una decina d’anni il peggior incubo delle altre tifoserie inglesi, dei tutori dell’ordine e, incredibile ma vero, anche della granitica first lady Margaret Thatcher. L’I.C.F. era l’incontrollabile gruppo di hooligans al seguito del West Ham United (una delle più blasonate squadre londinesi). Cass Pennant, enorme nero londinese, ne è uno dei membri originari e più rispettati. Ora  scrive per giornali e cinema e ha deciso di raccontare la sua storia e di un gruppo ristretto di amici, i fondatori e le guide spirituali di questa organizzata e solidissima armata.Un coro sincero che canta la leggenda nata alla fine degli anni Settanta, un gruppo di autoconvocati, di fuoriusciti stufi di lotte intestine e di gelosie tra "mob", tra bande di tifosi dello stesso club. Il West Ham è la squadra più proletaria di Londra, la squadra del popoloso e violento East End. Bill Gardner, Big Ted, Andy Swallow, "Animal" Ikoli e molti altri sono stati per anni i soci più fedeli e decisi sostenitori: migliaia di ragazzini inglesi si sono ispirati alle gesta di questi guerrieri degli spalti. Un gruppo con una scala gerarchica, con una sezione giovanile (la temuta Under Fives Posse) e regolari biglietti da visita che lasciavano ai doloranti e feriti tifosi avversari dopo gli scontri. Semplici biglietti rettangolari con una scritta a caratteri cubitali: <<Congratulazioni – Hai appena incontrato la I.C.F.>>.

Il derby…

"IL DERBY
DEL BAMBINO MORTO"

Il 21 marzo 2004 resterà nelle cronache calcistiche e nella memoria dei tifosi come il «derby del bambino morto», quando, in occasione della partita Lazio-Roma, nella curva Sud dello stadio Olimpico si diffuse la notizia dell’uccisione di un ragazzo da parte della polizia. Tutti ricordano le immagini di uno stadio in preda alla rabbia, che ritirava gli striscioni e alzava cori contro le forze dell’ordine, mentre i giocatori si guardavano attorno, attoniti, incapaci di comprendere quanto stesse avvenendo. La partita fu sospesa non per invasioni di campo e scontri sugli spalti, ma per la rabbia e la disapprovazione manifestate da decine di migliaia di spettatori. Il «derby del bambino morto» ha insomma dimostrato che il calcio non è soltanto lo show business delle televisioni satellitari, ma resta ancora e soprattutto quello che si vive la domenica sugli spalti, un «bene comune» sempre più ridotto alla stregua di pura merce. Sul calcio e sui suoi tifosi si sperimentano inoltre tattiche d’ordine pubblico sempre più avanzate e repressive. L’autore ritrova, infatti, un’evidente continuità tra le pratiche poliziesche viste in occasione del G8 del 2001 a Genova e quelle che ogni domenica vengono applicate negli stadi. E forse non è un caso che il micidiale gas Cs, utilizzato per sedare i tumulti nelle strade di Genova, sia ormai da anni normalmente utilizzato in campo calcistico.

Kicking off

"KICKING OFF"

L’autore di questo libro è Dougie Brimson, lo stesso che ci ha fatto eccitare con vere opere di letteratura da stadio, come ad esempio "The Crew" e "Barmy Army". L’ultimo lavoro di Dougie non è altro che il continuo di BA, che fa da filo conduttore con gli altri bestseller che dal 1996 hanno affascinato il popolo hooligans ed i fans di Brimson. Dalle battaglie in patria fino agli scontri con gli odiati turchi, la repressione, il carcere, il fenomeno dell’hooliganismo e il dilagante razzismo che da anni imperversa negli stadi. Racconti e prese di posizione in un libro che ben presto diventerà precursore di molti altri del suo genere. La morte del calcio, la morte di uno sport enfatizzata dai mass-media, celando le vere cause di un malessere interno, spesso usato come specchio di una violenza dilagante. Il vero problema viene nascosto, cercando di evidenziare come mandanti ciò che di puro e reale c’è nel calcio: i tifosi!

 

Fighting Fans


"FIGHTING FANS"

Il fenomeno dell’hooliganismo nel calcio, è stato lungamente associato all’Inghilterra (o meglio, all’intero territorio brittannico), ma, questa "malattia", etichettata come problema sociale, ha interessato gran parte del Mondo. In questo volume, gli esperti considerano l’hooliganismo in 14 Paesi – otto paesi di gioco in Europa (Irlanda compresa), due nel Sudamerica, Australia, Sudafrica, Giappone e, nel caso dell’America del Nord, lo studio prende ad esempio l’influenza che la condizione sociale ha sul comportamento delle persone. Molti sono gli interrogativi che gli studiosi si pongono: -Perchè il problema dell’hooliganismo, fin dal principio, si è avuto nel calcio e non in altri sport?  -Le fenditure della classe sociale, razziale o religiosa  hanno un ruolo nello sviluppo e nella promozione della violenza nel gioco del calcio?  -In che modo, i mezzi di comunicazione, pubblicizzano l’hooliganismo?  -Il fenomeno è collegato con il grado di centralità che il sistema di un Paese assegna al calcio? Benchè essi stessi aderiscano ad una gamma di prospettive sociologiche differenti, gli esperti muovono i loro passi sulla struttura teorica inventata da Eric Dunning e diffusa dalla Scuola di Leicester, che incentra il suo studio sul fondamentale ruolo del "maschio aggressivo", in cerca di adrenalina anche quando assiste all’accensione di un fiammifero! Una lettura impegnata che non eliminerà di certo i dubbi sulla nascita e la diffusione di un movimento che ancora oggi calca gli spalti di tutto il Mondo!

Mersey Boys

"MERSEY BOYS"

Nicky Allt era un teenager squattrinato del rude distretto di Kirby, uno dei tanti sobborghi dove erano state trasferite migliaia di famiglie di Liverpool. L’ambiente ancorché bucolico era molto violento, e gli skinheads si scontravano con altre mobs di aree confinanti. Nicky ambiva a qualcosa in più del classico menù a base di disoccupazione, droga e impari opportunità che sembrava venir offerto alle masse di giovani annoiati e alla fine degli anni settanta questo significava dedicarsi passionalmente a vestiti, musica e Liverpool FC. Si è ben presto unito a una crew di giovani scallies che vestivano e parlavano differentemente e che alla partita non si piazzavano nel Kop ma nella Anfield Road End, a contatto con i pochi tifosi ospiti che si arrischiavano a visitare uno fra gli stadi più a rischio. Tagli di capelli e frammenti di look rubati alla scena new wave, abbinati all’esplosione dello sportswear avrebbe dato vita a quello che (una volta arrivato a Londra) sarebbe stato etichettato come fenomeno casual, anche se a Liverpool si parlava di smoothies e non di casuals. Erano uno strambo campionario di drittoni, manoleste e picchiatori, per loro ogni divieto d’accesso era una sfida e ogni cartellino del prezzo una barzelletta. Ben presto si sono ritrovati "on the road", anche perchè l’autostrada era dietro casa e ogni volta che il LFC giocava in trasferta l’autostoppismo militante presidiava in massa lo svincolo di Haydock. Una volta imparato come utilizzare treni e navi senza l’obbligo di pagare un biglietto i confini si sono aperti come d’incanto. Saltavano all’occhio ovunque andassero, per i vestiti certo ma soprattutto per quella tipica arroganza Scouse. I Reds conquistavano l’Europa e le trasferte dei Road Enders sarebbero entrate nella leggenda. Hanno attraversato in lungo e in largo il Continente con le loro borse Adidas e praticamente senza soldi, divertendosi, rubando, facendo a botte ed entrando in qualsiasi stadio senza pagare.

Terrace Legends

"TERRACE LEGENDS"

Il pensiero e i ricordi degli uomini che, per anni ed anni, hanno regolato gli spalti degli stadi europei. Sono le facce che nel passato hanno scritto la storia del movimento, dall’Inghilterra alla Scozia, fino ad arrivare in Olanda e nell’ex Germania Est; seminando violenza, ma sempre nel rispetto dell’avversario e muovendosi secondo canoni che forse oggi sono solo il ricordo di uno stupendo passato. Hanno rappresentato il caos per il pubblico e la paura ed il timore per i rivali che hanno avuto la fortuna-sfortuna di incontrarli. In questo libro approfondito, i capostipidi del movimento hanno unito le forze per rivelare le loro esperienze come figure chiave nelle lotte tra firms. Da Bill Gardner ad Andy Nichols, da Frank Harper a Gary Johnson, passando per Andy Phillips, fino a giungere ad Irvine Welsh. Dai ragazzi del bovver degli anni sessanta e degli anni settanta ai casuals del calcio degli anni ’80, la prima linea delle firms più famose – i nomi che sono diventati leggende delle terrace – tutti sono stati rintracciati e intervistati.

City Psichos

"CITY PSYCHOS"

La città di Hull adesso vive una sorta di rinascita ma non è sempre stata tanto attraente. Kingston upon Hull, un posto duro, popolato da gente rude, un vero covo di provocatori. Il famoso porto della East Coast ha da sempre coltivato una tradizione intrisa di rugginosa mascolinità. I pescatori e quelli che lavoravano sulle banchine commerciali hanno sempre avuto alle spalle una cultura fatta di grandi bevute e rissa facile. Su questo sfondo, gli anni sessanta (con la bonifica degli slums e la creazione di enormi quartieri popolari) hanno lasciato in eredità una miriade di street gangs, giovanissimi skinheads pronti ad ostentare la propria ribellione. Con il passare del tempo i lads si sono via via affiliati ad altre culture giovanili: suedeheads, bootboys, soul boys, casuals. Ad Hull si è sempre combattuto; nei pubs, al football, ai concerti, perfino al rugby. Per la reputazione, della strada, del quartiere, della città. Una città comunque divisa, strada contro strada ma soprattutto West contro East, con il fiume Hull a fare da confine, una rivalità interna arrivata al picco massimo con l’esplosione delle due squadre cittadine di rugby (Hull FC e Hull Kingston Rovers) e la crescita esponenziale del loro tifo violento. In centro il sabato sera era invariabilmente zona di guerra. Tordoff con la collaborazione di "Lads" del City ricostruisce quattro decadi di terrore in gradinata. Monte Carlo Mob, Golden Bootboys, City Psychos, Silver Cod Squad, The Minority, Hull ha visto avvicendarsi varie generazioni di hooligans, ognuna con dei precisi tratti identificativi. Ci sono stati anche periodi bui, numeri in picchiata, ma adesso la firm è molto in vista, particolarmente al seguito della Nazionale. Dai fasti del passato, con 40.000 tifosi assiepati religiosamente a Boothferry Park il City è sempre più sprofondato, finendo a languire nelle divisioni minori. Meno di 2.000 spettatori allo stadio, controlli di polizia minimali, tifosi di casa capaci di rivelarsi molto pericolosi. Stadi e città dove 100 tifosi in trasferta determinati potevano fare disastri, con il contatto fra tifosi rivali pressoché garantito.

Bottle

"BOTTLE"

La  vera storia di Steve, un ex hooligans inglese che ha fatto dei suoi pugni la sua "fortuna", accompagnato dalla sua instancabile "bottiglia", appunto "bottle". Dal 1975 al 1991 non c’è stato giorno in cui Steve non abbia avuto incontri ravvicinati con i tifosi rivali, mai una pausa, mai una resa, date e prese, ma il biglietto è stato sempre timbrato, senza remore, senza timore, senza soste. Una storia di violenza estrema e allo stesso tempo un racconto di vita fatta di eccessi, di sadismo, di brutalità, di scene di sangue sensazionali. Non adatto ai deboli di cuore e neppure ai novelli ultras o hooligans che dir si voglia, insomma a "letture limitata". Si racconta che Steve abbia minacciato l’editore con una mazza affinchè fosse pubblicata la sua opera, e in un batter d’occhio ecco il libro bello e pronto per i lettori. Un libro che farebbe al caso di molti giovincelli che oggi si divertono a scrivere sui muri ultras, ma che alla resa dei conti si nascondono o scappano o addirittura rinnegano…e pensare che una volta si davano e si prendevano e neppure chi le dava si vantava. Un libro che spiega la differenza tra pensare di essere duri ed esserlo veramente, e nel caso di Steve, esserlo stati e raccontarlo.

Casuals

"CASUALS"

Dopo Teds, Mods, Rockers, Hippies, Skinheads, Suedeheads, Punks verso la fine degli anni settanta in Inghilterra apparve un nuovo trend. Gli adepti di questa sottocultura facevano parte delle gangs violente affiliate al football. Si vestivano con abbigliamento sportivo griffato (spesso rubato) facendo apparire come dei dinosauri i bootboys di qualche anno prima. Venivano chiamati Scallies, Perry Boys, Trendies o Dressers ma il nome che rimase fu Casuals. Questo libro non è uno studio semplicistico di firme della moda e teppisti del football ma un’esplorazione di quello che fu un movimento giovanile che per la maggior parte attingeva affiliazioni nella working-class bianca durante un’era caratterizzata da feroci attacchi da parte di un governo di destra determinato a smantellare e cancellare qualsiasi segno di resistenza urbana e da parte dei media, con la lobby Sohocentrica incapace o maldisposta a cogliere quanto stava accadendo intorno al football. Casuals esamina l’evoluzione della scena analizzando tutti i dettagli: i vestiti, naturalmente, ma anche la musica, la politica, le droghe, il crimine. Insomma , tutto quanto avesse a che fare con il quotidiano di uno scally o di un casual. Questa è la storia di un movimento di rivolta culturale, musicale e sartoriale capace di mutare frequentemente e in maniera impercettibile a seconda del dove e del quando.