In casa con l’Hinterreggio

Ultras, o lo fai o ci sei!

Diecimila, chilometro più, chilometro meno. Questa la cifra che segna il nostro contachilometri. Le ruote usurate, quelle bucate, la frizione dura, il cambio manuale, il volante che scotta, l’aria condizionata che consuma la benzina, il pedaggio che aumenta, la crisi che attanaglia, l’asfalto che brucia, la testa che scoppia, le soste per pisciare, quelle per mangiare, i parcheggi degli autogrill, sempre più tristi gli autogrill, sempre più vuoti gli autogrill, un po’ come gli stadi.

Diciassette le trasferte, diciotto se contiamo quella di Aprilia, sotto i raggi di un “sole ferragostano”, per un’inutile gara di Coppa Italia. Naturalmente, senza contare le amichevoli estive ed invernali. C’eravamo anche lì, come potremmo dimenticarle!?! Diciotto tappe, tra salite e discese, cime e laghi, ruscelli e boschi, costeggiando fiumi e distese di grano, osservando il volo di rondini e gabbiani, fermandoci ad ammirare il mare, le sue onde ed il suo modo particolare di “abbracciare” la sabbia e gli scogli, innamorandoci del nostro Stivale, estasiati da paesaggi e panorami che solo chi viaggia conosce e ripone nel proprio cassetto dei ricordi, lì, nell’unico spazio vuoto tra trasferte, aneddoti, scontri e biglietti.

Dieci, forse qualcuna in più, le tipe degli autogrill delle quali ci siamo perdutamente innamorati. Sarà stato l’effetto del caffè, che fa cagare e ti atrofizza lo stomaco; sarà stato quel bancone lercio di avanzi di “Gratta e Vinci” e bustine di zucchero usate; oppure quel loro modo di fare, sempre a metà tra una con il ciclo ed una alla quale hanno appena detto di essere incinta, sta di fatto che a Noi ci han sempre “fatto sangue”, fedeli al “non si butta via niente”, soprattutto quando i fumi di alcol e sconfitta, rendono affascinante una commessa sulla sessantina, col dente placcato in oro ed il fiato peggio del nostro dopo 400 chilometri di Salerno-Reggio Calabria.

Una manciata, cinque, sei, a volte uno in più, a volte uno in meno. Mai tanti, mai numerosi, ma sempre troppi per “alcuni”. Sempre gli stessi, più o meno. Sempre presenti, sempre al fianco di questi colori e poco importa se non era il fianco, bensì il lato, le spalle, un muro, una rete, un albero, dei binari, un palazzo, un parcheggio, una strada, un prato, un pollaio. L’importante era esserci, Noi ci siamo stati!

Zero. Già, proprio così. Zero sono le volte che siamo riusciti ad entrare in uno stadio in questa stagione, eppure ci siam sempre stati. Presenti e per nulla sconfitti, perché chi combatte non è mai sconfitto. Il solo indossare elmo, scudo e spada e muovere verso la battaglia, è già una vittoria, gli altri pensassero e scrivessero quello che vogliono. Ultras è questo!

Un’altra stagione che se ne va, un’altra annata avara di gioie e piena di dolori, che ci riporta, si spera, lì dove ancora vien fuori qualche “barlume di libertà”, lì dove si assapora ancora calcio, lì dove gli spalti non sono appannaggio di chi si è piegato alla Tessera. Nei nostri panni, c’è chi avrebbe pianto, Noi invece, ridiamo, col ghigno di sfida verso i giorni che verranno. Noi ridiamo, felici e contenti di ciò che siamo, convinti di esser diversi, consapevoli di non esser nessuno, colpevoli di esser coerenti,  sicuri di poterci definire ultras!