Ottobre ’06

Sottotitoli ottobre’06

Secondo appuntamento con la rubrica dedicata ai Sottotitoli del nostro originalissimo blog. Mese di Ottobre che apre il sipario stanotte e nuovo affondo, nuovo diretto che ci terrà compagnia fino all’alba di Novembre. Come già spiegato in occasione del debutto di questo speciale angolo della nostra finestra internettiana, si tratta di un romanzo a puntate che offre spunti di militanza ultras, romanticismo sportivo e vecchie maniere, antichi valori ed inossidabili ideali, alterazioni mentali e stili di vita. Ed è proprio seguendo il filone del taglio del nastro, dedicato al mitico “Essere ultras… esserlo nella mente”, che prosegue il nostro viaggio. Sentiero percorribile solo se si è in possesso di tanta fede, passione, amore, volontà e disponibilità al sacrificio, praticamente solo se si è “veri ultras”, solo se si è leali e differenti, distanti e distinti, di un’altra pasta e di un’altra stoffa, diversi e strani, non omologati e non omologabili. “Merce rara” appunto, in un calcio dove a farla da padrone sono sempre e solo i denari, le capacità economiche, le tasche dei giocatori, il business legato alle scommesse, lo squallore del presunto progresso ed il buonismo dilagante.

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Sì, è ispirato a quel drappo della Sud di Roma il sottotitolo di questo Ottobre che non si preannuncia tanto meno caldo e umido del mese appena andato in archivio. Ispirato ad una pezza che per molti è equivalente ad un Comandamento, un diktat da rispettare ed onorare, sempre e comunque. Ha fatto storia, non lo si può e non lo si deve nascondere. Perché è alla base di tutto ciò che rappresenta nel mondo moderno l’ultras. “Una curva non è un ritrovo di squilibrati ma di pazzi per scelta” ha scritto qualcuno, aggiungendo che “in ogni città trovi i difensori della propria vita ed i figli della tv perché non tutti sono antagonisti. Antagonista non lo si è per scelta e soprattutto non lo si è per caso. Essere ultras non significa essere selvaggi (come piace pensare alle massaie ed ai giornalai). L’ultras nasce come sostenitore della propria squadra o meglio della propria città. I giocatori in campo in pochi casi sono considerati dei veri e propri leader meritevoli di un seguito (per così dire personale), il fine primario dei sostenitori rimane perciò l’attaccamento alla maglia. Incitare una squadra, infatti, non necessita un amore incondizionato nei confronti degli elementi di quella. Il tifo è una causa, non un mezzo. Essere in grado di urlare, sbeffeggiare o piangere vuol dire essere in grado di vivere ma soprattutto di mettere da parte l’indifferenza”.

 

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“La sofferenza di un ultras è la sua linfa vitale, le sconfitte della propria squadra non sono che vitamina per l’orgoglio della propria fede. Vi sembrerà un paradosso ma la maggior parte dei grandi tifosi nei tempi cupi rinvigoriscono il proprio amore per la maglia. Nei tempi amari decade ogni forma di imborghesismo del tifo e la selezione si fa naturale, allo stadio si vede bella gente. Il richiamo dei finti tifosi o dei modaioli è inesistente, lontano. In quei momenti ci sta solo chi ci crede, chi non molla. È vero che i tempi cambiano come cambiano le persone cha vanno allo stadio ma l’onore di rappresentare una curva non va sottovalutato ne dagli ultras ne dai semplici tifosi. Davanti al bene della curva non esistono scuse così come non dovrebbero esistere rammolliti. Affinché in curva si possa ridere e piangere è necessario il coinvolgimento di tutti. C’è differenza tra ultras e semplici tifosi perché un ultras non è un semplice tifoso. L’ultras è quello che si muove 7 giorni su 7 per la sua squadra, è quello che mette la propria passione davanti alla moglie ed al principale e che a lungo andare poi ne paga le conseguenze. È quello che se avesse risparmiato i soldi per l’abbonamento e le trasferte avrebbe potuto avvantaggiarsi con il mutuo della casa, è quello che ha imparato più dalla strada che dai libri e grazie alla propria intraprendenza ha trovato uno stile di vita. Stile come capacità di distinguersi, vita come incapacità di rassegnarsi. L’ultras è tutto questo ma non solo”.

 

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“Fuori e dentro il campo un vero ultras conosce il copione a memoria, guarda un film già visto, ha davanti a sé un libro aperto. L’ultras è quello che ha la laurea ad honorem alla facoltà di vita da strada. È l’uomo che non ha paura di essere uomo, è l’attore che non ha paura di essere protagonista. Nei periodi di crisi le polemiche nei confronti dei giocatori, degli allenatori, della dirigenza, degli arbitri e di chi sta dietro questi ultimi sono giuste, ma serve compattezza sia per non creare confusione sia per continuare a delineare gli ideali veri, tanto cari a coloro che li rappresentano nella propria vita vicino e lontano dallo stadio. Coloro che rappresentano ufficialmente i colori della squadra hanno come primo compito quello di rivelarsi seri e sensibili alla causa. La causa per un vero tifoso non sempre rivive nella vittoria, ma nell’agonismo che dovrebbe caratterizzare fondamentalmente i giocatori che scendono in campo. Gli ultras sono il popolo, parte della moltitudine, quella parte che quando combatte si trova inevitabilmente in prima fila. I cani che non abbaiano, quelli che se lanciano la pietra non nascondono la mano, ciò di cui il resto delle branchie avrebbe bisogno nel caso si svegliassero dal letargo, perché la squadra di calcio per molti di noi è parte integrante della propria identità. In certi casi è come parte del corpo; rischia di manifestarsi in fibrillazione o in mal di testa. Tanti ragazzi hanno un obiettivo nella vita, che sia sposarsi, trovare un lavoro, prendere una laurea, viaggiare, scrivere un libro, fare volontariato, imparare una lingua o far parte di un gruppo, poco importa. Quello che conta è sapere di aver sostenuto il proprio sogno, combattere in difesa dei propri ideali o almeno delle proprie idee. Gli ultras hanno un obiettivo comune contro cui lottare: la loro scomparsa”. Sì, avete capito bene, perché il problema maggiore della nostra Italia sono loro, siamo noi, gli Ultras. Eppure non si tratta ne di barbari, ne di pazzi, ne di alieni tantomeno di disperati senza lavoro o senza famiglia, si tratta di ragazzi che vivono la loro più grande passione in maniera totale, piena, senza tentennamenti, senza rimorsi, pensano ed agiscono, non tradiscono e non si vendono, e forse il “difetto” è proprio questo, chissà!

2 pensieri su “Ottobre ’06

  1. Sono rimasto senza parole…post stupendo!

    concordo in tutti i vostri concetti di cosa significa essere e vivere ultras…

  2. io trovo estremamente positivo che si parli del nostro mondo. non sono uno di quelli che ama paroloni o slogan ad effetto, anzi, ho sempre badato di più alla concretezza, alla realizzazione di ciò in cui credo. questa rubrica penso sia la ciliegina sulla torta in un blog che amo sempre più. mi fa piacere vedere che il nostro lavoro quotidiano, di gep ma anche di tutti i ragazzi della ciurma che contribuiscono ai contenuti di questo blog, venga apprezzato. vuol dire che ci diamo da fare in termini positivi. grazie a tutti!

    il mio saluto speciale a chi immortala i nostri momenti di vita vissuta, in “sottotitoli” le foto sono originali, inedite, mai pubblicate prima, e questo rende l’attesa di ogni articolo ad inizio mese densa di curiosità. se poi aggiungiamo che in questo post ho riletto spezzoni di uno dei miei libri preferiti, allora posso solo dire di aver l’orgoglio di far parte di questa famiglia.

    afecionados

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