3a Puntata

Fondi siamo noi  3a puntata

Una vera e propria chicca natalizia sigla la terza puntata della rubrica dedicata ai nostri concittadini icone del pianeta pallonaro locale e non solo. Dopo ZioGerry ed Ottavio Bargigia oggi tocca al mitico Lidano Serapiglia rispondere alle domande indiscrete dei nostri inviati speciali. Personaggio simbolo del calcio giovanile fondano, tifosissimo granata con tanto di maglietta del centenario, da tempo memorabile impegnato in prima linea e riconosciuto da tutti come uno dei migliori nel suo campo. Raggiunto nel suo “ufficio” di Via Giambattista Vico, tra decine e decine di coppe e fotografie storiche, sommerso di borse e divise, ha ribattuto colpo su colpo… con il solito sorriso.

Mister, raccontaci un po’ della tua vita per il calcio. Riassumi brevemente il tuo percorso… Dagli otto anni posso dire di non aver mai abbandonato il calcio. Da calciatore ho fatto poco, ho giocato sì ma solo in formazioni della zona e poi nel 1979 ho coronato il mio sogno. Ho iniziato con le giovanili, in quell’anno come unico settore in città col nome S.S.Rinascita poi divenuta A.C.Rinascita.

La soddisfazione più grande in tanti anni di calcio? Fortunatamente molte, su tutte la Summer Cup vinta a Formia con gli Esordienti al cospetto di squadre campane, pontine e ciociare. Ma anche in Spagna nel 1994, nella nostra prima partecipazione, ed ancora oggi restiamo l’unica squadra fondana ad aver trionfato lì. Ne sono particolarmente orgoglioso, come pure delle tante vittorie con gli altri ragazzi e la Juniores Provinciale.

Un episodio che non dimenticherai mai? Scusate l’emozione ma il pensiero corre subito a quello che per me è stato un evento tragico e che poi fortunatamente è divenuto un momento gioioso. Eravamo in Spagna e ci stavamo gustando un po’ di relax nella piscina dell’albergo quando un ragazzino delle Querce sviene e finisce nel fondo. Lo riportiamo su ma non dà segni di vita, finché dopo mille tentativi e preghiere mi chiama sottovoce: “Mister”. Ho iniziato a piangere a dirotto, l’ho abbracciato e stretto forte. Quello è diventato uno dei momenti più importanti della mia vita.

Terra battuta o sintetico? Cosa scegli? Terra battuta tutta la vita. Il Fabiani finché tenuto bene è sempre stato il miglior terreno di gioco della provincia. Il sintetico stanca tantissimo e secondo me cambia anche il sapore del calcio: basti pensare che gli Allievi, già ad inizio ripresa, iniziano ad avvertite stanchezza e stentano.

Hai vissuto diverse epoche del calcio fondano: le differenze principali tra il pallone di una volta e quello di oggi? Forse c’era meno tecnica ma era tutto tempo effettivo, mancava qualcosa a livello tattico ma c’era combattività, orgoglio di appartenenza, tenacia, ardore. Le differenze maggiori sono sul piano delle terminologie, della cattiveria agonistica, dell’alimentazione. Oggi si gioca molto e gli infortuni si sono moltiplicati, allora farsi male non era permesso e c’era più forza fisica. Per recuperare dagli infortuni ci voleva una vita, pensare che Masoni, ala sinistra del Napoli, per un infortunio al menisco fu costretto a chiudere la sua carriera che poteva essere lunga e di successo.

Doping, calciopoli, scommesse, classe arbitrale corrotta? Quale il male del calcio? Vi faccio un esempio significativo: Inter in campo, Attilio Giovannini, nazionale, durante una fase di gioco si accascia a terra e chiede al massaggiatore una pasticca. Dopo cinque minuti torna un leone! Questo per farvi capire che il doping è sempre esistito, forse meno esteso ma sempre presente. Tutti sapevano del Cebion e della Simpamina, tutti! E c’erano già gli arbitri corrotti, le irregolarità, gli scandali sottaciuti. Moggi è stato sorpreso ma anche altri si sono dati da fare.

Sei sempre stato abbastanza distante dal Fondi Calcio, ci spieghi perché? Non direi, anzi. Come società ed a livello umano siamo sempre stati molto vicini. Fino addirittura a dare vita ad una sorta di fusione circa dieci anni fa, come settore giovanile naturalmente. Quasi tutti i nostri ragazzi passarono con l’FC e questo aiutò anche in termini di “punteggi” a poter disputare campionati regionali. Poi col ritorno e la nuova denominazione A.C.Rinascita siamo ripartiti a pieno regime.

Hai una tua ricetta per far sì che il calcio locale possa tornare ad essere protagonista in categorie superiori? Non mi piace essere pessimista ma non vedo un futuro roseo per il calcio fondano. La gente si è disinnamorata, per tanti motivi, primo tra tutti la questione stadio. Il Fabiani era lo stadio del popolo, tutti ci andavano, ogni domenica una bolgia, l’Arnale Rosso non è mai stato troppo amato dai fondani. Troppo distanti gli spalti dal campo, troppo spazio intorno, una cattedrale nel deserto. Il pubblico fondano poi è molto diffidente, se poi si vince è capace di riempire lo stadio all’inverosimile. Chi potrebbe non investe nel calcio e questo è un brutto segnale, perciò credo che la situazione si sia stabilizzata e vedo difficile un miglioramento, anche se naturalmente lo auspico.

Nel rapporto coi più piccoli cosa metti al primo posto? Ho sempre inteso il rapporto coi ragazzi una questione tra zio e nipote, per non dire nonno. La differenza di ruoli non ha mai avuto importanza per me, mai. Bisogna mettere i ragazzi a loro agio, farli sentire come in famiglia, amati e coccolati, ma anche educati a dovere. Solo così i vantaggi dell’attività fisica possono diventare anche vantaggi per l’essere umano e la sua educazione.

La scuola calcio è da sempre considerata come palestra di vita, sei d’accordo? Certo, e non solo per i giovani ma anche per chi allena o comunque è impegnato in una società sportiva, sia essa di calcio o di qualsiasi altra disciplina sportiva. Si cresce, ve lo assicuro, ed ancora oggi che mi avvicino alle 70 primavere cresco grazie alle emozioni che percepisco da loro. Ricambio trasmettendo passione ed affetto.

Qualche talento l’avrai pure messo su, no? Non mi piace parlare di talenti anche perché si può avere un’interpretazione diversa del termine. Posso dire di aver sfornato molti giocatori che oggi militano nel Fondi o vi hanno militato fino a pochi anni fa e tanti altri che ora vestono altre casacche in categorie inferiori. Preferisco invece parlare di ragazzi che mi hanno fatto vivere momenti indimenticabili, per delle giocate straordinarie o per il loro comportamento. Per questo amo ricordare i goal letteralmente inventati da Giancarlo Giovine, la classe sopraffina di Savino Vetrone e l’eleganza di Mario De Plano, tre giovanotti che mi hanno fatto davvero “addicriare” tante volte.

Nonostante l’età avanzata non ne vuoi sapere di smetterla… complimenti, progetti futuri? Me lo dicono anche in famiglia, ed io mi riprometto di smettere “l’anno che viene”, salvo poi ripensarci puntualmente. Finché ce la farò andrò avanti per la mia strada, il calcio è tutta la mia vita. Vivo per il pallone ed il pallone vive per me.

L’ultima chicca ce la regala mentre curiosiamo tra le sue tante fotografie d’annata. Mister, ma il nostro coro “un e duij Pascà” cosa ti fa venire in mente? Pasquale nasceva centrocampista, lo spostai in difesa e divenne un libero fuoriclasse collezionando una serie infinita di partite senza errori. E quando serviva spazzava senza pietà. Difensore alla vecchia maniera insomma.

Grazie di cuore, Mister Lidano, per la disponibilità ed il tempo che hai voluto dedicarci, e tanti auguri per un Natale ricco di serenità ed un anno nuovo zeppo zeppi di soddisfazioni e successi. Te li meriti.

4 pensieri su “3a Puntata

  1. Grazie per aver accettato la mia aggiunta agli amici…

    Comunque ottimo intervento, questo blog più lo leggo e più mi piace…

    Saluti 😉

  2. 4 Maggio 1949 – 5 Maggio 2009

    Sessant’anni fa non c’era la tv! Eppure tutto il mondo sportivo conosceva il Grande Torino. La squadra di calcio più forte del mondo. Non c’era la Coppa dei Campioni, né alcuna competizione internazionale a livello di club. Quella squadra, però, riuscì ad imporsi anche all’estero per il fatto che 10 degli 11 componenti della Nazionale Italiana provenivano proprio da quella squadra.

    L’Italia era quella del dopoguerra, distrutta e con tanta voglia di ricostruirsi, moralmente prima ancora che materialmente. Il “Grande Toro” era la dimostrazione che qualcosa di importante, di unico, proprio di “grande” poteva esistere anche nella nostra Italia, ed il calcio, un fenomeno di passione popolare immenso, ebbe la funzione di volano per la rinascita nazionale, grazie proprio a quella squadra. La squadra più forte del mondo.

    Il destino infame, terribile e cinico regalò alla storia il Mito degli Eroi granata, portandoseli via, tutti insieme, contemporaneamente, a pochi metri sopra la città di Torino, sbattendoli contro di una basilica che spadroneggia il panorama, e che si vede da qualsiasi parte del centro o della periferia ci si trovi, così da avere sempre davanti agli occhi “quel luogo”.

    Solo il fato li vinse. Nessuno riusciva a battere quel “Grande Toro” ed allora il destino decise che era giusto regalarli alla storia così, imbattuti. Da allora la Leggenda del “Grande Toro” è stata tramandata di padre in figlio, come un’eredità, una consegna preziosissima. Un patrimonio addirittura spirituale, la fede granata, come scelta di vita e appartenenza, molto più che “semplicemente” tifare per una squadra di calcio.

    Una fede generata dalla sublimazione del dolore, di quella tragedia collettiva, nel perdere improvvisamente ed inesorabilmente tutto, e quel tutto era il massimo (calcisticamente parlando) che una passione vera, popolare e profonda come il calcio potesse esprimere.

    Sarà impossibile che nei secoli venga dimenticato il Grande Torino morto a Superga il 4 Maggio 1949. Ed oggi, poche ore dopo il sessantesimo anniversario di quella tragedia, ecco qui i tuoi amici “pallonari” a salutare te, Mister Lidano. Esempio di stile ed umiltà, grande lealtà sportiva e simpatia. Da stamattina, lassù, Antonio potrà contare su un amico in più.

    Erano le cinque del pomeriggio sulla collina di Superga, calava la sera su Latina. Il destino Vi ha reso invincibili, il popolo fondano e quello granata Vi ha resi e Vi renderà Immortali.

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