La trasferta di Sassari(Latte Dolce)

Imprevisti e Probabilità

Zaini in spalla, serbatoio pieno e si viaggia per raggiungere Civitavecchia. Questa volta si va a Sassari, passando per Olbia, tappa obbligata del percorso, come quando passi dal via al Monopoli, con tanto di imprevisti  e probabilità. Già, come la probabilità che ti smontino la carrozzeria prima di imbarcarti, perché pensano che tu sia il corriere di qualche traffico illecito di ‘pane carasau’. Arrivati in porto, gli inservienti del gabbiotto ci squadrano, si scambiano sguardi d’intesa e muovono verso di Noi, ma l’auto sulla quale viaggiamo porta ancora addosso la merda dei gabbiani del lungomare di Polignano e così ci ripensano e nemmeno passano in rassegna a rivoltarci come un calzino, dedicando le loro “cortesie” ad un tir battente targa caucasica.

A proposito di imprevisti. A bordo, ci si parcheggia l’uno in culo agli altri, con il solito imbecille da “patente acquistata” che si posiziona in modo tale che per scendere devi studiare contorsionismo in qualche circo itinerante. Una scomodissima scala mobile, perennemente fuori uso, fa da “tappeto rosso”, prima che ti si materializzi difronte il personale di bordo, che scambieresti facilmente per camerieri con quelle loro divise fatte di gilet e camicia. Nemmeno un saluto, nemmanco un cenno con la testa e corri via verso la prima poltrona non maleodorante e senza aloni, in pratica una caccia al tesoro senza cartina. Ti accontenti di posare i tuoi ottanta chili sul primo giaciglio, senza badare a macchie e strani odori, che osservando bene, ti accorgi provenire dalle ciabatte di un sessantenne al tuo fianco. Cazzo, che fregatura! Doppia fregatura, quando il Capitano, con voce nasale ed accento campano informa che non è più possibile scendere in garage. Cazzo, lo spazzolino!!

Vabbè, tanto, con chi cazzo limoniamo qui sopra!?! In effetti, alziamo lo sguardo e vediamo solo camionisti che “hanno detto no al sapone”; anziani di ritorno da una settimana alle terme; famigliole con cani e gatti al seguito; la solita checca immancabile; sfigati con gli occhi fissi all’anticipo di Serie A ed il Palestrina(!!!) diretto ad Olbia! Ma sì, tra le fragranze di questa nave, volete che si accorgano del nostro alito!?! E nel frattempo, mentre realizziamo che sarà una notte di merda, sempre il Capitano, con quella sua “matta voglia di navigare” che traspare dall’enfasi che ci mette nel riferire all’altoparlante, informa che gli animali a bordo necessitano del “quinzaglio” con la ‘Q’ e con il suo inglese da cd-rom ripete che “de selservis-restorand isopenn”. Almeno, non perdiamo il buon umore e cerchiamo di chiudere un occhio, il sonno chiuderà anche l’altro.

A proposito di probabilità. I primi bagliori del mattino permettono alle pupille di scorgere i profili del Porto di Olbia, che si materializza sotto i nostri piedi di lì a poco, proprio mentre il sole si mostra in tutta la sua bellezza e rende fastidiosa la felpa che indossi. Sono le 07:00 del mattino e dobbiamo far trascorrere il tempo che ci divide dalla gara, con l’unica consolazione rappresentata dal fatto che per raggiungere Sassari impiegheremo più di un’ora. Colazione appena fuori dal porto, sfogliando tutti i quotidiani locali che, tanto per cambiare, ci danno sconfitti. Si sale in auto ed imbocchiamo la ss199, che dopo Berchidda diventa la ss597 e che solo una volta dentro il Museo del Vino proprio del piccolo centro sardo, scopriremo essere “la strada della morte”. Il tempo di sorseggiare un bianco del posto e di scattare qualche fotografia, non possiamo non notare che anche lo stadio di Berchidda ha una tribuna centrale migliore della nostra. Tristezza!

Una volta ripreso il viaggio con direzione Sassari, la ss597 si presenta come un killer sanguinario, con buche e guard-rail al posto di rivoltella e pallottole. Ogni chilometro un mazzo di fiori; ogni miglio una lapide; ogni curva i segni di una frenata; ogni dosso speri che tutto vada bene; sembra di essere nel bel mezzo di una roulette russa e tu hai la pistola puntata alla tempia. Su una cabina elettrica c’è un “Pisa merda”, forse rimasuglio di una vecchia rivalità, messa da parte, per il momento, per far posto ad un sempre attuale “Italia merda”…e come dargli torno!?! Il viaggio continua, un cartello indica “Lago di Coghinas”, giusto il tempo di guardare l’orologio e siamo già sulla riva. Siamo in Sardegna, ma sembra di stare su un canyon a stupirci delle meraviglie del Mondo. Riprendiamo, siamo in anticipo, ci sorpassano tutti, anche una vecchia cinquecento, ma non siamo tipi che arrivano in anticipo ed alle porte di Sassari, saliamo su verso Muros, ottocento abitanti ed un bar, che chiude dopo averci venduto un Ichnusa bella fresca. Tra un boccone ed un sorso di birra, si avvicinano le 15:00 e così torniamo giù per curve e tornanti ed in cinque minuti siamo a Sassari.

Uscita Latte Dolce e ci ritroviamo fuori quello che per molti versi sembrerebbe un campo di calciotto più che uno stadio. Gli giriamo attorno cercando di capire dov’è il settore ospiti e ci troviamo difronte un murales NG, segno che qui il Latte Dolce è proprio l’ultimo dei pensieri, anche meno della partita di calcetto del giovedì. Chiediamo ad un uomo in divisa, forse un metronotte prestato per un giorno alla Società di casa e ci risponde che non c’è settore ospiti e con 7 euro possiamo sedere dove vogliamo. Niente settore? 7 euro? Sedere? No, grazie per l’offerta, ma rifiutiamo ed andiamo avanti, ci teniamo stretti il pacco. Anche perché giriamo l’angolo e c’è una strada da dove poter guardare la partita ed appendere la pezza. Abituati negli anni di C, per Noi è normalità accontentarsi così!

Siamo agli sgoccioli di Ottobre eppure il sole picchia ancora ed anche in campo non scherzano, ma nel secondo tempo i rossoblu vanno in rete per ben due volte nel giro di pochi minuti, rendendo inutile la reazione dei padroni di casa negli ultimi minuti di gara. Il triplice fischio ci regala la giusta soddisfazione per una trasferta del genere e quando gli undici in campo si tengono per mano e vengono verso di Noi è una goduria pazzesca, che ci fa dimenticare che ora inizia il difficile, ovvero il viaggio di ritorno!

Un viaggio lungo, che non disseta però la sete di trasferta e “sorseggiamo” così gli scenari di questa bella terra isolana, tra basiliche, nuraghi e onde che si infrangono sugli scogli. La nave ci riporta a Civitavecchia, dove c’è sempre il solito gendarme con la paletta ad attenderci, che alle 7:00 del mattino ha già i coglioni girati e la voglia di fare il supereroe. Ma stavolta no, niente perquisizione, solo sguardi da duro. Chissà, avrà capito che non siamo Noi a spacciare ‘pane carasau’, speriamo!