La trasferta di Porto Torres

Amore folle

Se avessimo trovato l’amore in terra sarda, ci sarebbe un motivo valido per tornare sull’isola a soli undici giorni di distanza dall’ultima volta. Tutto sarebbe diverso, tutto più soft, tutto più leggero e non passeremmo tutto il viaggio a pensare alla “batosta” tra capo e collo che ci hanno rifilato per accaparrarci un biglietto aereo Fiumicino-Alghero.

Tutto, ma proprio tutto, passerebbe in secondo piano, se solo ci fosse qualcuno ad aspettarci dietro la porta a scomparsa degli “Arrivi”. Il caso, anzi meglio, il destino beffardo che abbiamo scelto di far nostro, ci fa sfilare davanti una folla eterogenea che si accalca dietro una linea gialla immaginaria, in attesa di dispensare abbracci ai propri cari. A Noi, non rimane che osservare i loro occhi delusi, quando gli sfiliamo davanti e non siamo certo volti familiari.

Ci verrebbe di correre verso di loro, ma “un campanello” tipo centro commerciale risuona nella nostra testa e ci ricorda che abbiamo da “discutere” con una biglietteria automatica che non dà resto. Nel frattempo, scende giù per l’intestino lo stimolo che aspettavamo da quando abbiamo strabuzzato gli occhi alle 05:00 del mattino appena svegli. Cerchiamo i bagni, che di solito negli aeroporti sono più lucidi di quelli dalla pubblicità “wc net”, ma qui sembra di stare in un area di sosta della SA-RC, lì dove alleni l’alluce per tener chiusa la porta, mentre annoti nella testa numeri che un giorno potranno sempre tornare utili.

Ci si tappa il naso e si contraggono le natiche, perché fuori il minuscolo terminal c’è già il nostro Fertilia-Sassari pronto a partire e se da una parte la fortuna ci consente di riuscire a prendere al volo il bus, dall’altra ci costringe a fare il viaggio con famigliole in vacanza e temprati viaggiatori, mentre tedesche e svedesi optano per un più “comodo” Fertilia-Aghero. E’ in quel momento che capiamo che dovremmo, almeno una volta nella vita, tradire la “nostra donna” per qualcosa dal sapore nordico, ma finiamo sempre per giocarcela a carte con la coerenza e vince sempre lei, purtroppo.

Una volta giunti a Sassari, ancora nulla è compiuto e ci tocca attendere un’ora e mezza il Sassari-Porto Torres, pieno zeppo di giovani studenti e maleodoranti “colored”, che da queste parti sembrano non conoscere le saponette. Ce ne facciamo una ragione, quando sale un anziano sulla settantina, vestito a festa, con “coriandoli di forfora” che rendono la sua giacchetta “a pois” e che prima di scendere “molla” a bordo fragranze che coprono perfino le “scie chimiche” dei colored. Insomma, la compagnia è delle migliori!

Porto Torres vive di turismo, quindi ad Aprile dorme sonni profondi, tant’è che in giro non c’è nessuno, tranne una focosa coppietta all’ombra della torre aragonese, che fissa l’orizzonte del mare come la moglie di un marinaio fissa i marinai rimasti a terra. Non vola una mosca, anzi, a volare sono solo i gabbiani, che a differenza dei piccioni hanno una mira di merda, per fortuna. Sono da poco passate le 13:00 quando decidiamo di camminare per più di mezz’ora per raggiungere il “Comunale”.

Il cammino è lungo e la calura inizia a mietere le “prime vittime”, si ripresenta lo stimolo, ma lo strozziamo sul nascere, per la “gioia” di chi ci cammina dietro. Il caldo e l’unica bottiglietta d’acqua ci fanno gridare al “miraggio” quando sembra di scorgere la “nostra” Via Lazio, con i suoi palazzoni popolari e quell’inconfondibile colore rosa pallido. “Ma ndò cazz’ stam’?”. Sembra Fondi, ma non lo è!

Il “Comunale” è deserto ed il settore ospiti chiuso con una catena che ne ha assaggiata tanta di salsedine. L’ingresso principale è praticamente la distesa sabbiosa fuori un saloon nel Nevada, mancano solo i cumuli di sterpaglie che volano via guidati dal vento. Non c’è l’ombra di un essere vivente, tranne il ragno che ha fatto suo l’estremo angolo alla destra della biglietteria. Non c’è il bigliettaio e nemmeno il biglietto, non ci sono guardie, non c’è il custode e nemmeno la sagoma di una “fica”, non c’è nessuno. Solo dopo dieci minuti i primi calciatori iniziano a calpestare gli abbondanti 15 centimetri di erba.

E’ una gara senza significato, senza storia, senza spettacolo, senza motivazioni, tali da far “gridare” ad ognuno dei cinque gol messi a segno dai rossoblu. Non tanto perché non sappiamo accontentarci, anzi, più che altro perché ci sembra assurdo gioire di una vittoria così, contro un gruppo di ragazzi che accettano domenica dopo domenica il drammatico risultato del campo con un’umiltà da fare invidia a qualsiasi “squadra di campioni”. E mentre gli altri sfiorano la doppia cifra, loro sono lì, con i colori che amano addosso, consapevoli che perderanno l’ennesima partita, ma non perderanno mai l’onore.

In essi ci siamo rivisti, in essi abbiamo rivisto il nostro animo, la nostra passione, il nostro orgoglio, che ci fa continuare su questi gradoni, oggi come ieri, forse più di ieri. Perché ciò che conta davvero è fare quello che la mente suggerisce, senza troppe domande, senza il bisogno di trovare una risposta.

Perché ancora oggi, a distanza di anni, non siamo riusciti a dare una risposta che possa spiegare il nostro incondizionato amore! Non chiamateci “pazzi”, ma chiamateci “innamorati folli”, perché l’amore è nulla senza follia!

Un pensiero su “La trasferta di Porto Torres

  1. …sei trasferte in Sardegna, sei volte presenti

    TASCHE VUOTE MA TESTA ALTISSIMA!

I commenti sono chiusi.