La trasferta di Olbia

Al di là del mare…

Piove da due settimane, ininterrottamente, e se provi a mettere un piede fuori l’uscio quando sembra che le gocce cadano con minore intensità, ricomincia più forte di prima, come se aspettasse proprio te per sfogare la sua rabbia repressa da un Dicembre fatto di sole e temperature primaverili.

Piove da due settimane, ma questa volta sembra che la “nuvola Fantozziana” rimanga imbottigliata anch’essa nel traffico del Grande Raccordo Anulare. Ce la lasciamo alle spalle, prima della gimkana dell’uscita 30, lì dove tutto sembra tranne che un’arteria “Made in Italy”, con asfalto luccicante, carreggiata illuminata a giorno e bandiere ad accogliere coloro che prendono il “volo” verso Fiumicino. Tutto in perfetto stile “apparire e non essere”, visto che una volta preso per Civitavecchia, torna tutto come prima, con i tuoi fari ad illuminare 40 chilometri di buche e coni biancorossi…ed il bello è che se la fanno anche pagare questa striscia d’asfalto che somiglia tanto alle montagne russe.

Una veloce pisciata ai bagni della Stazione Marittima e subito al chek-in, non per “ansia da viaggio”, ma per evitare di star lì, seduti su quelle panche di falso massello, a fissare i soliti cappelli esposti affianco a raccapriccianti souvenir che se sotto non ci fosse scritto “ROMA”, faticheresti a riconoscere come Colosseo in miniatura.

A bordo nulla di nuovo, persino le divise dell’equipaggio hanno aloni poco rassicuranti e quelle poche donne che non fanno parte della tua immaginazione, sono già di qualcun altro. Questa volta c’è anche una “cinquantenne-sprint” che indossa con porcaggine assurda un pantalone che nasconde le smagliature e risalta un passato ed un presente da “tigre del materasso”. E’ in compagnia di un settantenne in astinenza da Viagra che ad occhio e croce sarà proprietario di beni mobili ed immobili per un valore vicino al milione d’euro e te ne accorgi da come è vestito e dalla “sfrontatezza” della sua “r moscia”. E ti viene il dubbio che siano qui sopra solo perché la bionda cinquantenne ha in progetto di buttarlo in pasto ai pesci ed assicurarsi il patrimonio. Poi, però, li rivedi nel viaggio di ritorno, sembrano vacillare i tuoi pensieri deviati, ma non cambi idea sulla bionda e pensi che per qualche strano motivo il piano non si sia materializzato.

La notte su una nave è come una pena senza fine, con i minuti che si dilatano e l’orologio di bordo che dà la netta sensazione di rallentare. Lo fissi, distogli lo sguardo, lo fissi ancora una volta e le lancette sono nella stessa posizione. O sei stanco, oppure hai bevuto per sbaglio dal bicchiere dove la bionda ha versato del cianuro per il “vecchio”. Sta di fatto che riesci finalmente a prendere sonno ed al risveglio l’unica cosa che ti dà sollievo è il blu chiaro del cielo che intravedi tra le tende impolverate del finestrone.

Le operazioni di attracco non sono altro che un “approccio amoroso” tra la ferraglia galleggiante e la banchina. Questa volta dura tutto pochi minuti, la banchina non fa la “schizzinosa” ed accetta subito la corte della Bithia, questo il nome della nostra nave. “Armi e bagagli” e le nostre suola mettono di nuovo piede su qualcosa di stabile. Ci dà il “benvenuto” un giovanotto vestito di grigio scuro con una etichetta gialla, avrete capito sicuramente di chi parliamo. Bene, per la prima volta nella nostra vita, troviamo qualcuno che antepone il “buon senso” al solito “pregiudizio”. Ci chiede anche se facciamo uso di droghe, se ne abbiamo addosso quantità minime per “uso personale”, ma ci lascia passare senza troppe “seghe mentali”. Fortunatamente non ha visto la boccetta di cianuro sotto la pezza quando ci ha fatto aprire gli zaini…

Ora, immaginate di arrivare al Porto di Olbia alle 06:43 di una normale domenica mattina di Febbraio, sapendo che dovranno passare otto interminabili ore prima che le squadre scendano in campo. Pensieri? Teorie? Nulla ci viene in soccorso, con la mente ancora al turbolento viaggio e la puzza di poltrona appiccicata addosso, gli occhi rossi, gli arti stanchi ed un atroce dubbio: “Che fine hanno fatto la bionda ed il vecchio?”

Prima di incamminarci a piedi verso la Città, ci “spariamo” tutte le cartoline, tutte le cianfrusaglie in vetrina e tutte le slot machine del bar. Per non dare nell’occhio, ne scegliamo una, di cartolina, per evitare che ci identifichino per “tipi sospetti”…e già che ci siamo la spediamo, chissà che non porti fortuna. E se aspettavamo un segno divino per dare una risposta alle nostre speranze, non passa troppo tempo prima che scorgiamo in cielo l’arcobaleno. Speriamo bene…e ci tocchiamo i coglioni!

Il primo bar è ancora chiuso, il secondo sta asciugando i tavoli dalla rugiada della notte, ma non c’è due senza tre ed il terzo, dopo un po’ di titubanza, ci sembra quello giusto dove fare colazione e continuare a dormire. Dormire, già proprio così, avete capito bene! Il classico pronostico de “L’Unione” ci da sconfitti anche questa volta, tanto per cambiare. All’edicola lì di fianco non hanno nemmeno il “Fan’s” da leggere e bisogna davvero aguzzare l’ingegno per “spostare” in avanti le lancette del Casio. A dire il vero, sapendo di dover alleviare l’attesa, ci avevamo fatto un pensiero già quando stavamo dall’altra parte del Tirreno e così, appena si aprono le porte del Museo Archeologico, ci tuffiamo dentro, cercando di mandare avanti il tempo mentre Noi andiamo indietro. Primo e secondo piano, per ben due volte, la seconda volta solo per guardare da vicino i tre esseri umani di genere femminile che da lontano credevamo fossero meglio, ma la vista ci aveva tradito.

Tolti i panni da turisti, firmiamo il libro presenza e andiamo via. Paghiamo 12 euro una focaccia piena di mollica, due bevande e due caffè, senza nemmeno il bicchiere d’acqua a mandar giù una moca imbevibile. “Questi ci hanno visti uscire dal Museo e credono che siamo tedeschi…porca puttana!”

Ci incamminiamo verso il “Nespoli”, con passo lento di chi è in piedi da sei-sette ore, ci giriamo attorno e troviamo il Settore Ospiti chiuso. Tradizione vuole che qui ad Olbia, così come quattro anni fa, ci facciano entrare dagli spogliatoi per raggiungere il settore. Qualcuno dei nostri ci scorge ed è bello vedere i loro sguardi come per dire: “Che cosa ci fate qui?!?”.

I rossoblu trovano il gol che vale i tre punti e fa saltare il banco e l’apparente equilibrio; l’esultanza sotto il settore è qualcosa che non si può esprimere a parole; gli occhi di chi si abbraccia sotto di Noi si incrociano con i nostri deliri di gioia. E’ un ‘esplosione indescrivibile, quasi come quel lontano pomeriggio a Lamezia Terme. Bei tempi o brutti ricordi, a seconda delle opinioni.

A fine gara, per uscire dal settore, ci tocca anche togliere il perno ed aprire il cancello, come se fossimo “a casa nostra”. Ed a proposito di “sentirsi a casa”, la giornata continua al tavolo di un bar, seduti ad ascoltare ed essere ascoltati, davanti ad una, due, tre, quattro, cinque, sei, ho perso il conto…birre Ichnusa.

Poi, però, è tempo di tornare lì sulla banchina, ad un passo dalle onde, per salpare sulla nave che ci riporterà al di là del Tirreno, dove in cinque minuti prenderemo tutta l’acqua ed il vento dribblati per due giorni interi. Ma poco importa, perché torniamo felici, torniamo vincitori, torniamo brilli, torniamo nella nostra Città, la Città più bella del Mondo!