La trasferta di Maccarese

Quel sapore diverso…

Certo che, fare benzina, salire a bordo e non dirigersi verso il sud della nostra Penisola, mette un po’ di malinconia. Appena l’auto svolta a destra, dopo aver fatto rifornimento ed aver mandato a fare in culo il solito coglione che non rispetta la precedenza, tocca inventarsi qualcosa per tirar su il morale. Fino a qualche tempo fa veniva facile farsi duemila risate durante il viaggio, anche perché era consigliato ridere per non pensare al fatto che saremmo rimasti fuori. Era quasi una consuetudine, l’auto filava via senza sussulti, avevamo imparato a memoria ogni buca dell’asfalto, tanto che pur evitandole, saltavamo lo stesso sui sedili.

Altre strade, altri luoghi, altri stadi…e che stadi! Altre strade erano quelle che ci conducevano in Città; altri stadi erano quelli che avremmo voluto guardar da più vicino, ma ci siamo accontentati di aver “respirato” da lontano. Non ne facciamo un discorso di categoria; saremmo disposti anche a fare l’Eccellenza, la Promozione, purché si giocasse dal Garigliano in giù, senza girovagare di qua e di la, riuscendo a scorgere campi di calcio nascosti tra palazzoni, campi di bocce e parrocchie, con il Sindaco che è anche Presidente, Allenatore e giocatore della squadra locale.

E fa strano, rendersi conto di quanto sia difficile trovare il minuscolo impianto di Maccarese. Maccarese, a due passi da Fiumicino, ad un timpano lesionato da aerei e jet che atterrano a non più di duecento metri dalle prime case dietro la siepe. Strano, ma ancora più strano che al “Darra”, così si chiama l’impianto, ti chiedano dieci euro per entrare. Ma è quando ti accorgi che dal cavalcavia si vede tutto il campo, che rimani a bocca aperta.

Dal “Rubbagalline”, con due ‘b’, è questo lo sponsor che campeggia sulle due tribune coperte, molto stile british, le tribune, si intende. L’impressione è che qui ci sia ancora qualche briciola di “calcio genuino”, che ancora non si è piegato al colore degli euro; qui c’è ancora posto per i sentimenti e te ne accorgi dai bimbi della scuola calcio, che con fierezza sventolano delle bandierine gialloblu, senza una rigida impostazione, perché per loro l’importante è veder quei colori, non veder vincere “i grandi” in campo.

Impieghiamo un quarto d’ora per far capire ad una gentil donzella al botteghino, che non siamo mica al “Bernabeu” e che possiamo anche far a meno di entrare; siamo abituati, anzi, la realtà è che ci troviamo gusto a star fuori. Trattiamo, lei sembra disponibile anche ad uscire in serata, ma ci basta che abbassi le pretese. Ci riusciamo, eppure non siamo né belli, né molti, ma ci riusciamo. Per raggiungere il settore ospiti si fa il giro attorno ad un campo di calcio a 5, che ti fa venir voglia di mollare tutto, ma Noi, il nostro posto ce lo siam scelti tanto tempo fa. Cosa sono gli ultras, se non dei calciatori mancati? Ecco, perché poi si scelgono gli spalti!

La copertura del settore aumenta anche i decibel dei nostri cori e riesce a tenere a bada i raggi di un sole che non vuol saperne di lasciar spazio alle nuvole. In campo si vince ancora ed è ancora festa, ma che bello sarebbe far benzina e girare a sinistra!