La trasferta di Isola Liri

Sempre la stessa storia!

Si torna ad Isola Liri a più di due anni dall’ultima volta. Di quell’ultima nostra presenza ricordiamo ancora le reti ondulate dei ripostigli del “Nazareth” e le porte in alluminio, dove stendemmo “modi profughi” felpe e t-shirt inzuppate d’acqua. Prendemmo così tanta pioggia che stentiamo a ricordare il risultato, anche se è forte il sospetto che l’abbiamo rimosso volutamente dalle nostre menti.

Quell’ultima volta, anche se non vogliamo ricordarlo, perdemmo di sicuro. Che poi, anche se ci si buttasse ad indovinare, ci si azzeccherebbe, sapendo quanto è storicamente ostico per Noi il “Nazareth”. Qualcuno in macchina sembra ricordarlo, ma il caso vuole che proprio in quel momento lo stereo decida di aumentare arbitrariamente il volume. Sta di fatto che il risultato rimane intrappolato tra le ultime news dal Mondo ed il “CCISS Viaggiare Informati”, per la gioia di chi quel giorno c’era e porterà sul volto e nelle ossa una dozzina di nuvole.

Inizia il viaggio, e che viaggio aggiungiamo Noi! Voi non immaginate nemmeno lontanamente cosa voglia dire percorrere sessanta miseri chilometri, per ben due volte nell’arco di 5 ore con dei “tizi” che appena intravedono un bar nascosto tra la vegetazione iniziano a tirar fuori dal finestrino la testa come fossero dei cani da tartufo. A salvare gli “assetati” da improperi e bestemmie, ci pensa la sosta di Arce, che ci rivitalizza come scalatori sul Mortirolo in cerca di borracce.

Dopo aver scollato il culo dai sedili è sempre un problema risalire a bordo senza che manchi qualcuno, ma siamo in fila per cinque e ad occhio e croce sembra che non manchi nessuno. Sembra, appunto. L’unico che si attarda è il “Professore”, che si allontana per “guardare cosa c’è sotto il parapetto”, almeno stando alla versione ufficiosa, così insensata che nessuno di Noi cerca di scoprire la versione ufficiale.

Una volta riposizionati i culi, si riparte in direzione Isola Liri. La Statale 82 è tutta curve e pioppi, che lasciano poco spazio al panorama, ma molto all’immaginazione. Dopo Sant’Eleuterio c’è Fontana Liri, dopo tre tornanti e cinque conati di vomito c’è Anitrella, che ci ricorda un lontano passato, lontano ma non meno glorioso del presente. Già, perché lo stesso spirito che ci accompagnava in questi campi di terra battuta, ci ha accompagnato anche negli anni di C e lo stesso accade ancora adesso.

Via Nazareth ci proietta sul percorso riservato agli ospiti che, come per magia, è lo stesso che utilizzano i padroni di casa, per la felicità del vigile che fa il palo al fianco di un “direzione obbligatoria a destra”. Anche a Noi ripete il “must” delle sue domeniche in servizio, ma al suo “Di dove siete?”, rispondiamo “ospiti”, togliendogli la soddisfazione di indicarci la strada giusta per il parcheggio.

Dopo aver versato dieci euro cadauno nelle casse dell’Isola Liri, ricordiamo al mister dei padroni di casa che con noi “ha un conto in sospeso” in quel bar di Cassino. Lui, di par suo, rimane in silenzio, vorrebbe controbattere, ma si limita a mugugnare qualcosa nel suo idioma a noi sconosciuto. Attaccate le pezze, ci rendiamo conto che per la prima volta in stagione siamo in perfetto orario, con la “brigata sosta” che rivendica i minuti di anticipo da poter sfruttare in qualche saloon incontrato per strada. Per non sentirceli nelle orecchie, si inizia subito a sostenere.

Non è una domenica eccezionale sugli spalti e ben presto la buttiamo in caciara. Come se non bastasse, dalla tribuna alla nostra destra, un manipolo di “assuntori di Viagra” ci stuzzica, beccandosi le “rimostranze non troppo signorili” dei più “alcolici” del nostro gruppo. Insomma, tutto nella normalità. Prima del triplice fischio finale, la giacchetta nera ci regala l’unica soddisfazione di giornata e così ne approfittiamo per salutare “a modo nostro” sempre lui, “il tizio di Cassino”.

Zaino in spalla, risaliamo sulle nostre utilitarie, ma le fdo, senza alcun motivo apparente, bloccano con le loro auto l’accesso allla strada che passa sotto la tribuna centrale, che poi sarebbe la stessa percorsa per arrivare qui due ore prima. Fatto sta, che ci ritroviamo nel centro di Arpino, con quelli della “brigata sosta” con la testa fuori dal finestrino. Il resto è meglio non raccontarlo…