In casa con la Lupa Roma

Bisogna saper vincere!

Vincere, nel calcio, non è così fondamentale come si crede. Checché ne dicano quelli che di questo sport ne capiscono e ne masticano, assicurarsi l’intera posta in palio non sempre è sinonimo di divertimento e bel gioco. Ok, nessuno mette in dubbio che i tre punti abbiano comunque un peso specifico nel morale e soprattutto nella classifica, ma cerchiamo di andare oltre, senza soffermarci sugli istanti di gioia che svaniscono in due, tre ore al massimo, lasciandoci un retrogusto amaro di insoddisfazione.

Vincere è il fine ultimo di ogni trama offensiva, di ogni passaggio, di ogni rimessa laterale in attacco, di ogni strategia di gioco, di ogni tattica, di ogni schema disegnato alla lavagna e riprodotto fedelmente in campo, dove al posto dei gessetti, ci sono gli avversari, quelli veri, non i tondini magnetici che restano dove li metti, senza darti noie. Una volta sbucati fuori dagli spogliatoi è battaglia vera, a meno che in maglietta e calzoncini non ci sia qualcuno che preferisca giocarsi la propria dignità con un “over” a 3.50. Una volta indossati quei colori sulla propria pelle, non c’è “smacchiatore” che possa far tornare il bianco. Una volta indossati i parastinchi, non si può più tornare indietro, oppure sì, ma solo con dei buchi sulla coscia come “ferite in battaglia”.

Pura utopia, lo sappiamo. Ci rendiamo conto di averla sparata grossa, soprattutto se attualizziamo e mettiamo il tutto a confronto con il calcio giocato dei nostri giorni. Trovare professionisti seri che scendano in campo onorando la maglia, senza badare ai baci della propria tipa seduta in Tribuna, è quasi impossibile. Sostenere un undici che rimanga lontano da “veline&riflettori” è inimmaginabile. Innamorarsi di questo o di quel giocatore è un errore che solo in un lontano passato poteva essere perdonato. Credere che su quel prato verde possa esserci qualcuno che tenga veramente ai colori che tu porti al collo è solo pura follia.

Vincere, dicevamo, ti tiene impegnato per due, tre giri della lancetta dei minuti, non di più, tanto da non ricordare nemmeno chi, come e quando abbia segnato per la tua squadra, tanto da farti sembrare l’ultima vittoria uguale alle altre. Oggi ricordi a malapena l’avversario, un domani, quando lo striscione lo porteranno gli altri e tu poserai le tue stanche ossa sulla balaustra, non ricorderai nemmeno la stagione ed il risultato.

Vincere, dicevamo, ti lascia sempre un po’ d’amaro in bocca, che non è il Borghetti sorseggiato nell’intervallo, ma quei tre punti sempre uguali, sempre gli stessi, sia che ne fai 1 in più degli altri, sia che li rispedisci a casa col “pallottoliere”. Ci vuole qualcos’altro per farti apprezzare una vittoria, per renderla diversa dalle altre, ci vuole qualcosa che nemmeno Ambrogio riuscirebbe a far comparire nella limousine.

Ed ecco il “valore aggiunto”. Non mettiamo in dubbio che vincere sia sempre una gran bella cosa, ma quando la vittoria arriva dopo aver “legato mani e piedi” a quella che in molti danno per “sicura vincente”, allora sì che te la ricorderai per molto molto tempo ancora. In campo corrono, sudano, rinculano, attaccano, indietreggiano, aggrediscono, azzannano la preda e la “sbranano”! Questo deve essere lo spirito!

Bravi ragazzi, questo si chiama “vincere”!