In casa con il Terracina

Che vuoi che sia…

Chi riempie le proprie domeniche con una banale partita di calcio, sa perfettamente che fino a quando la palla rotola sul campo tutto può accadere. Fino al triplice fischio della giacchetta nera, tutto, ma proprio tutto è contemplato, nulla è impossibile. Tutto ciò che in un improbabile calcolo statistico raccoglierebbe la percentuale minore, nel calcio ha il suo momento di gloria e diventa realtà, ripetendosi con una frequenza fuori dal normale.

Il calcio regala emozioni forti, spesso indescrivibili, difficilmente raccontabili con una penna su di un foglio bianco. Si rischierebbe di accartocciare parecchie risme di carta, cercando di far canestro nel cestino.

Il calcio riesce a farti piangere come nessuna donna ha fatto mai nella tua vita, perché da una donna riesci a star lontano, ma dagli spalti di uno stadio assolutamente no.

Che il calcio non sia una scienza perfetta lo si scopre da piccoli, quando si sogna di diventare un giorno calciatori, tenendo fermi i parastinchi con il nastro isolante ed arrivando agli allenamenti in Porsche. Poi, quando crescono i primi peli e la testa inizia a familiarizzare con la realtà delle cose, basta il vetro rotto di una finestra per capire che con quei piedi che ti ritrovi puoi al massimo sperare di fare qualche “numero” il giovedì a calcetto con gli amici, nulla di più.

Tutto quello che hai sempre sognato, fin dalla prima volta che hai visto in tv degli uomini rincorrere un pallone, perde quell’aura ancestrale tipica dei desideri e capisci che devi iniziare a guardare il calcio da un’altra prospettiva, diversa ma di certo non meno affascinante della precedente.

Sali quei gradoni con le spalle al campo e guardi verso il cielo. Ti volti ed osservi il terreno di gioco, lì a distanza di sicurezza, tranquillo e sicuro che non potrai mai camminarci e correre sopra palla al piede, ma in compenso ce la metterai tutta per sostenere chi avrà l’onore di difendere i colori che hai sempre sognato di indossare.

Dimentica dribbling, tunnel e cambi di gioco; dimentica stop di petto, tackle e gesti tecnici. D’ora in avanti la tua partita durerà novanta minuti, forse anche di più, ma sarà fatta di cori, bandiere, striscioni, torce, fumogeni e tanto altro ancora. Non tremerai prima di entrare in campo, non ti farai il segno della croce, non ascolterai la curva osannarti, non correrai verso i tifosi dopo un gol. Dimentica tutto questo e voltati di nuovo, offri le spalle al terreno di gioco, perché la tua partita si gioca sugli spalti, senza angoli e falli laterali, senza cross e verticalizzazioni.

La tua gara si gioca qui, fianco a fianco con amici e perfetti sconosciuti con i quali condividi una passione che non conosce soste e ripensamenti. Ti dimeni, gesticoli, chiudi il pugno, allarghi le braccia, percuoti le mani a tempo con gli altri, canti, urli, ti sgoli, soffri, speri, gioisci. Rabbioso e fiero di non essere in campo, ma da qui è come se indossassi gli scarpini anche tu.

Sugli spalti è un’altra storia, sugli spalti non c’è storia. Perché se in campo i nostri dominano ma fanno i conti con la proverbiale fortuna degli avversari, sugli spalti la musica cambia e di molto. Abbandonati i sogni di bambino, oggi ti ritrovi a dar le spalle al campo, perché in realtà del gioco e del risultato non sai cosa fartene. Alzi lo sguardo e osservi la tua curva cantare ed emozionarsi, capisci che non c’è gioia paragonabile a questa visione, nemmeno una rete sa estasiarti di più.

A distanza di anni, non guardi più una banale partita di calcio per vincere o veder vincere i tuoi colori, queste sono prerogative per chi è nient’altro che un semplice tifoso. Ma tu sei un ultras e la vivi in modo diverso, giocando la tua partita su quei gradoni, lottando fino al novantesimo e vincendo ogni domenica, ogni domenica, ogni domenica!