In casa con il Sora

Giusto il tempo di asciugarle…

Le pezze son da tre giorni appese allo stendino ed ancora non si sono stancate di far cadere a terra gocce d’acqua. Lasciano scivolare giù tutto quello che hanno raccolto domenica, in novanta minuti o poco più. Già, perché siamo ad Aprile, con Maggio sull’uscio della porta, pronto ad accomodarsi sulla sedia, ma tutto sembrerebbe, tranne che siamo in primavera.

Lo sguardo, inconsapevolmente, dopo il disgusto dello “zapping” giornaliero, torna a fissarle, stese lì come bucato, appese ad un filo che non è una balaustra e sicuramente non ha lo stesso fascino. Lo sguardo resta fisso, le osservi, le ammiri ed eviti di cliccare il tasto “rewind”, perché poi ci sarebbero altre gocce pronte a cadere.

Le osservi, le ammiri, le guardi con gli occhi di un padre verso i propri figli, ti metti persino a contare le gocce, gocce sempre più rade, che cadono inesorabilmente nella piccola pozza ai piedi dello stendino. Segno che manca poco per tirarle via di lì e sei contento, perché vederle lì ti fa uno strano effetto.

Non ti stancheresti mai di guardarle, perché come donne in tiro hanno quel fascino che ti stuzzica il desiderio, quella bellezza tipica di chi te la darà, ma nel frattempo ti fa soffrire e sperare per un “sì”. Saranno anche dei pezzi di stoffa, non hanno il dono della parola, ma se potessero parlare ne avrebbero da raccontare, dall’estrema punta a Nord, fino alle coste delle isole del Sud. Qualcosa “da pochi” e soprattutto “per pochi”.

Pezze, nulla in più di un pezzo di stoffa senza significato, che in molti nemmeno ricordano o hanno mai visto, ma che riponi con una cura maniacale dopo ogni domenica, manco fossero di cristallo e le adagi lì, sempre al solito posto, piegate sempre nel verso giusto, come se esistesse davvero “un verso giusto” e che in fondo in fondo esiste solo nella tua testa.

Pezze, che ti hanno accompagnato ovunque il tuo cuore abbia battuto per i colori rossoblu. Ovunque, ovunque si sia giocato e poco importava se in palio ci fosse il paradiso o l’inferno, quello che importava era essere lì, al fianco di ciò che accelera mostruosamente i tuoi battiti. Lì, ad un passo dal tuo folle amore.

Le gocce si fanno sempre più rade, quasi perdi il conto e le casse della tv coprono lo “splash” delle precedenti. Sei ridotto male, malissimo, è da trenta minuti che osservi oggetti inanimati e fantastichi come davanti al “buffering” di YouPorn.  

L’ultima goccia cade a terra, ne attendi altre, ma niente e poi un lungo silenzio, segno che le pezze son pronte per nuove battaglie e nuove balaustre, così come domenica in casa col Sora, così come la prossima a Roma con l’Astrea. E poi ancora, ancora ed ancora, come una storia infinita…che dura da una vita!