In casa con il Melfi

Il grande freddo

Il primo freddo ci arrossa le guance, così che possiamo camuffare il vino bevuto a tavola senza troppi giri di parole e senza troppe spiegazioni. Il primo freddo ci ricorda che è tempo di cambiare guardaroba. I bermuda quest’anno ci hanno accompagnato fino a sette giorni fa. Non volevano proprio saperne di tornare nei cassetti, lì tra costumi e t-shirt, a contendersi un ripiano per i prossimi cinque barra sei mesi, Maya permettendo.

Arriva il freddo, di botto pungente, così rigido da far invidia al Viagra. Arriva il freddo che ti costringe a star vicini per potersi scaldare, quello che ti fa fare gruppo anche se si è in pochi e sotto la pioggia, che ti fa cantare 120 minuti anche se non ci sono né supplementari né rigori a decidere le partite. Arriva il freddo che non t’aspetti, o meglio, che t’aspettavi almeno un mese fa, ma che a forza di ritardi, pensavi fosse in arrivo un bebè.

Arriva il freddo e torni a coprirti il collo con una sciarpa, non tanto per far contenta la mamma che ti costringe a coprirti anche quando ci sono 30° e che ancora non ha capito che non hai più vent’anni, ma perché senti il bisogno di mostrare la tua appartenenza, le tue origini, i tuoi colori, la tua fede. Senti il bisogno di dimostrare a tutti chi sei, cosa sei, cosa vuoi e chi sono gli amici tuoi, quelli che come te hanno al collo una sciarpa, in testa un ideale e nello zainetto un panino da dividere ed uno striscione da difendere.

Arriva il freddo, ma sarebbe più giusto affermare che torna, non che arriva, visto che ciclicamente si ripresenta dopo ogni estate e ciclicamente ti ricorda che per altri 365 giorni hai gioito, sofferto e pianto per un pallone in fondo al sacco. Un altro anno di amore per altri inconcepibile, un’altra ruga sul volto che ti ricorderà un domani quanto sia stato duro essere ultras al tempo della tessera. Ti guardi allo specchio, che non mente, che ti evidenzia quei primi capelli grigi, che a dire il vero hanno tardato fin troppo, vista l’età, a presentarsi, così come il freddo. Ecco perché, in alcuni casi, i ritardi vanno anche bene.

Arriva il freddo ed il primo pensiero è aprire il tuo cassetto, che tra biglietti di partite, fanzine e sciarpe, non ha più posto per i tuoi sogni. Anche perché, ad onor del vero, i sogni che avevamo si son già avverati, almeno i nostri, che sognavamo di metter piede al “Partenio”, al “Selvapiana” ed al “Ceravolo” ed in tanti altri stadi e “stigrancazzi” se nella maggior parte dei casi siam rimasti fuori…Noi c’eravamo!

E così, la prendi, la metti al collo e di botto un brivido ti percorre la schiena, lo stesso che ti fa tremare in questo momento, mentre ci pensi. Un misto di odori, a metà tra il fumo di un barattolino e gli ettolitri di acqua piovana che ha raccolto in tutte quelle domeniche uggiose, che come cantava Battisti, ti chiedi che sapore abbiano…ma tu lo sai che sapore hanno e difficilmente le dimenticherai.

Arriva il freddo, la sciarpa al collo, i tuoi amici al fianco…e non ci pensi più!