La trasferta di Selargius

La chiamerai “sfortuna”…

Dici “Selargius” e ti gratti i coglioni. Dici “Selargius” e ti guardi le spalle. Dici “Selargius” ed inizi la giornata sempre col piede destro, stando attento ai gatti neri. Guardi il calendario del girone e segni in rosso la data, ‘14 settembre 2014’. Cazzo! Inizia bene la stagione!

L’estate vola via e ritorna la routine. Inizia il campionato e si torna a viaggiare. Ecco, ci siamo, 14 settembre 2014. Zaino in spalla e speri solo di non dover scomodare santi e madonne per uscirne vivo. Ti fai coraggio e pensi “Ma sì, cosa potrà mai accadere che non sia già accaduto?”. La risposta è scontata. Semplice, tutto quello che ancora non è accaduto.

Il volo, stranamente in anticipo rispetto alla tabella di marcia, atterra a Cagliari senza feriti e dispersi e tutto fa presagire che in fondo non bisogna poi temerla questa insignificante trasferta. Non perdi tempo e ti incammini verso il treno, che in sette minuti di orologio ti porta in centro. Treno. Treno? Un vagone, due scompartimenti, più piccolo persino del trenino che collega Lamezia Terme Centrale a Catanzaro Lido, ricordo di vecchie trasferte andate e che mai più torneranno.

Cagliari ti acceca con il sole riflesso sul mare piatto e lucente ed in quel momento capisci che potresti anche decidere di rinunciare a seguire i tuoi colori, ma amare a prescindere non vuol dire tradire alla prima occasione e così ti convinci che hai un impegno da onorare, ben più importante di sabbia ed onde. Ti adagi in uno dei numerosi vicoli e ti rifocilli a pochi passi dai venditori di magneti, tutti rigorosamente senza permesso di soggiorno, che ogni dieci minuti montano e smontano le proprie mercanzie, osservati a distanza da due guardie che trasudano “intelligenza” da ogni tasca della divisa.

Il piccione che ti ha da poco sfiorato è un primo segnale inquietante. La cappa di caldo che viene dal mare è quasi un presagio. Quando leggi sul tabellone luminoso che non ci sono autobus per Selargius, capisci che aver strofinato i tuoi coglioni anche questa volta non è servito a nulla. A Selargius è festa, c’è il matrimonio selargino, o come dicono qui “sa coja antiga”, uno dei rituali più sentiti in paese e la tua proverbiale fortuna ti permette di arrivare nel piccolo centro solo dopo dieci minuti di cammino dalla fermata più vicina dell’unico autobus che effettua un percorso alternativo.

Di tempo ne hai in abbondanza, ma in tutta sincerità qui non c’è poi molto da guardare con interesse, tranne qualche sarda che mantiene fede alle aspettative ed allo stesso tempo mantiene alto il tuo umore, sì, chiamiamolo “umore”.

La gara è entusiasmante, veloce, ricca di emozioni, ma si mette subito male per i rossoblu. Nel frattempo, dalle tribune cadono giù rari epiteti che fatichi a comprendere e forse è meglio, perché rischieresti di passare il resto della partita a far capire, a chi non potrà mai farlo, che il calcio va inteso in modo diverso. Se ti soffermi ad ascoltarli ti viene da pensare che il calcio, se questo può essere così chiamato, non faccia per te ed i tuoi amici.

Quando un tizio di casa allontana dal campo i ragazzi delle giovanili, lì come raccattapalle, per non permettere ai rossoblu di avere palloni giocabili in breve tempo, la tua mente vola nostalgicamente al “Curi” di Perugia, al “Partenio” di Avellino, all’”Arechi” di Salerno, al “Ceravolo” di Catanzaro ed a tutti quegli stadi che ti hanno visto e sentito urlare per la tua squadra. Ora, che devi accontentarti di Selargius, capisci che era meglio “quando si stava peggio”, quando tessere incostituzionali ti tenevano lontano dai colori che ami. Forse è meglio star lontani, che assistere a questo squallore.

Si esce dal campo sconfitti, Selargius d’ora in poi sarà la “fatal Selargius”. Già, perché il volo di ritorno viene annunciato con un ritardo nel decollo, perché a Fiumicino per due panini bruciati nel grill si sono alzati in volo addirittura i caccia.

Riesci a tornare a casa solo in nottata, quando il sonno ti porta in salvo da una giornata così faticosa e ricca di insidie che la ricorderai per molto tempo. Riponi lo zaino, ripieghi la sciarpa, ti togli le scarpe e ti getti sul letto. Anche stavolta sei sano e salvo, malgrado tutto.

Un pensiero su “La trasferta di Selargius

  1. la chiamerò sfortuna maledetta maledetta sfortuna maledetta maledetta maledetta sfortuna……………..
    grande vasco …………….
    dove vado sto!
    p.s prima di usare le poesie di vasco ………….

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