In casa con la Maccarese

Il primo amore non si scorda mai!

Bastò uno sguardo per innamorarmi di quel prato. Sarà stata la primavera alle porte che faceva volare petali e pensieri o quegli occhi di bambino che osservavano tutto come gli occhi di un sognatore, ma la prima volta che lo vidi, fu subito un colpo al cuore.

Ero poco più che settanta centimetri, la mano stretta a quella di mio padre in uno dei suoi rarissimi gesti d’affetto e lo sguardo rivolto a mio fratello, che dribblava coni e birilli sul campetto alle spalle della vecchia gradinata.

Mi voltai, come se avessi udito pronunciare il mio nome e davanti a me un’interminabile groviglio di ferro. Il mio sguardo cercò di andare oltre, “scavalcò” la gradinata, la recinzione, la cancellata, ma si fermò davanti agli sponsor di bordo campo, che prima di allora avevo ammirato con disinteresse solo alla tv. Sulle punte dei piedi mi sforzai di allungare le mie gambe, riuscendo in parte a vedere i primi ciuffi d’erba. Ancora adesso, a distanza di molti anni, provo un’emozione indescrivibile. Come potevo non innamorarmi?

Passarono gli anni e capii che dovevo accontentarmi di campi di catrame e pali fatti di zaini. Con i gessi rubati alla lavagna si tracciavano le linee, con l’immaginazione e senza alcuna moviola si costruivano le porte. Non c’era il lunedì per analizzare ogni singola rete e la partita terminava sul più bello, quando il “padrone” del Tango doveva tornare a casa per gli esercizi di Matematica.

Arrivò il momento in cui realizzai che non c’era nulla da fare, non avrei mai calpestato con i miei tacchetti quel prato, non sarei mai uscito dagli spogliatoi del “Purificato” con la maglia rossoblu cucita sulla pelle, non avrei mai fatto impazzire di gioia la gradinata, insomma dovevo scegliere un altro modo per stare più vicino possibile al primo amore della mia vita. Scelsi il peggiore, consapevole del fatto che qualsiasi altra scelta sarebbe stata più facile. Scelsi davvero il peggiore, perché chi sogna di camminare su un prato verde, difficilmente si accontenta di vivere sugli spalti.

Oggi, quando guardo il “Purificato” dai gradoni della Curva Iacuele, osservo la porta da una prospettiva diversa, sento l’odore dell’erba “pettinata”, guardo in faccia gli avversari e gli undici rossoblu di spalle e sembra come se giocassi anche io con loro. Sembra come se la Iacuele avesse addosso la maglia numero “12” e con un po’ di immaginazione, si riesce persino a vederla in campo.

Oggi, quando guardo il campo, riconosco di aver scelto il modo peggiore per non far finire questo amore, ma poi mi fermo a riflettere, ci penso su e mi accorgo che è l’unica stramaledetta opportunità per non tradire i battiti del mio cuore!